Armenia, oltre 100.000 profughi fuggono dal Nagorno-Karabakh

Sono oltre 100.000 i profughi che hanno lasciato il Nagorno-Karabakh. Lo rende noto Nazeli Baghdassarian, portavoce del primo ministro armeno Nikol Pashinian.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Filippo Grandi lancia l’allarme per l’elevato numero di sfollati e per le loro condizioni: “Molti sono affamati, esausti e hanno bisogno di assistenza immediata”. “L’aiuto internazionale è necessario urgentemente”. Esprime preoccupazione anche Kavita Belani, rappresentante Acnur in Armenia. “Dopo nove mesi di blocco, saranno pieni di ansia, spaventati e vorranno delle risposte”, ha detto.

Il procuratore del Tribunale penale internazionale Moreno Ocamo parla di “genocidio”. “Nei prossimi giorni non rimarranno armeni nel Nagorno-Karabakh”, ha affermato anche il premier armeno, Nikol Pashinyan. Nel Nagorno-Karabakh, infatti, a seguito della cosiddetta “operazione anti-terrorismo” condotta dall’Azerbaijan, le forze azere hanno occupato la regione abitata da circa 120.000 armeni. Secondo l’accordo di cessate il fuoco, i militari armeni sono stati costretti a lasciare la regione ed è stato imposto il disarmo dei separatisti armeni. Il generale Levon Mnatsakanyan, ex comandante delle forze separatiste armene, è stato anche arrestato. Forte è dunque il timore degli armeni del Nagorno-Karabakh per il loro futuro e per le conseguenze dell’occupazione azera.

L’Armenia, in tutto ciò, si è vista completamente abbandonata sia dalla comunità internazionale sia dal suo tradizionale alleato, la Russia, impantanata nella guerra in Ucraina. Una situazione sfruttata subito dall’Azerbaijan, che ha invaso la regione senza incontrare alcun ostacolo. Mosca, inoltre, nell’ultimo periodo, è diventata sempre più dipendente da Baku, a causa della necessità di assicurarsi rotte verso l’Iran. Anche i Paesi occidentali sono dipendenti dall’Azerbaijan, in questo caso per il gas, soprattutto l’Italia, di cui Baku è il secondo fornitore, dopo l’Algeria.

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