Caso Consip, la testimonianza: “Nessuno suggerì il nome di Renzi”

“Nessuno suggeri’ il nome di Renzi” a Filippo Vannoni durante l’interrogatorio a cui l’ex consigliere economico di Palazzo Chigi venne sottoposto, come persona informata sui fatti, il 21 dicembre 2016, nell’ambito dell’inchiesta Consip. E’ quanto ha affermato il capitano della Guardia di finanza Sebastiano Di Giovanni, sentito come teste questa mattina nel procedimento disciplinare in corso al Csm nei confronti dei pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano. Di Giovanni era tra gli ufficiali di polizia giudiziaria che assistettero all’audizione di Vannoni: all’epoca era in servizio presso il nucleo di polizia tributaria di Napoli. “Lui lo ha nominato, nessuno si permise di suggerire nomi”, ha detto il teste rispondendo alle domande del sostituto pg della Cassazione Mario Fresa. “Fu data lettura a Vannoni delle dichiarazioni che aveva reso Marroni, e lui non diceva nulla. Woodcock gli disse che aveva l’obbligo di dire la verita’ e Vannoni pronuncio’ la frase ‘vi dico tutto quello che volete sentire’. Woodcock – ha continuato il teste – allora ribadi’ che doveva dire la verita’ e Vannoni disse cio’ che disse, nessuno gli suggeri’ nomi”. Nel verbale dell’interrogatorio, e’ riportata la frase, letta oggi dal pg in aula, con cui Vannoni rispose a una domanda: “Facendo mente locale vi dico che effettivamente fu Lotti a dirmi che c’era un’indagine su Consip. Ricordo che il presidente Matteo Renzi mi diceva solo di stare attento a Consip”.

LA TESTIMONIANZA DI DI GIOVANNI – “Assolutamente no”. Cosi’ il capitano della Gdf Sebastiano Di Giovanni, sentito come teste nel procedimento disciplinare aperto al Csm a carico dei pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, ha risposto alla domanda se vi siano state “minacce o pressioni” nei confronti di Filippo Vannoni, ex consigliere economico di Palazzo Chigi, durante l’interrogatorio avvenuto il 21 dicembre 2016 nell’ambito dell’inchiesta Consip. Woodcock e Carrano sono finiti sotto processo disciplinare proprio per l’interrogatorio di Vannoni, sentito come persona informata sui fatti e non come indagato. Di Giovanni era uno degli ufficiali di polizia giudiziaria che erano presenti all’interrogatorio: “Vannoni era molto agitato – ha raccontato in udienza davanti al ‘tribunale delle toghe’ – sudava, gli fu offerta dell’acqua”. Il teste, quindi, ha escluso che Woodcock abbia rivolto a Vannoni la frase ‘vuol fare una vacanza’ nel carcere di Poggioreale, indicandoglielo dalla finestra dell’ufficio: “mai Woodcock si avvicino’ alla finestra ne’ fece una battuta del genere – ha detto il finanziere – e’ sempre stato rispettosissimo dei testi”. Falso, ha aggiunto, anche che a Vannoni vennero mostrati dei fili dicendogli che erano microspie: “non c’era nessun filo. E’ una ricostruzione assolutamente falsa. Scafarto mostro’ i fili di microspie ad un’altra persona, a Marroni, il giorno prima”, ha spiegato il teste.

L’ANTEFATTO –   L’interrogatorio di Filippo Vannoni, ex consigliere economico di Palazzo Chigi, svolto a Napoli il 21 dicembre 2016 nell’ambito dell’inchiesta Consip, “e’ stato condotto all’80% da Woodcock, e altre domande le ha fatte la dottoressa Carrano, ma mai ci sono state domande da parte della polizia giudiziaria. Non e’ vero che Woodcock e Carrano lasciano dirigere gli interrogatori dalla pg”. Lo ha detto il capitano della Gdf Sebastiano Di Giovanni, all’epoca in servizio presso il nucleo polizia tributaria di Napoli, che era presente con altri ufficiali di polizia giudiziaria – l’ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto e il maresciallo dei carabinieri Brachetti – all’interrogatorio di Vannoni. “Io non dissi una parola, cosi’ come Brachetti – ha affermato davanti alla sezione disciplinare del Csm, di fronte alla quale i pm di Napoli Woodcocke Carrano devono rispondere di presunte violazioni relative proprio all’interrogatorio di Vannoni, sentito come persona informata sui fatti e non come indagato – Scafarto ha interloquito brevemente con il pm, ma mai domande dirette”. Anche per quanto riguarda la verbalizzazione, il teste ha affermato che “e’ stata Woodcock a farla, non certo Scafarto, a cui e’ stato solo detto di chiudere il verbale con l’orario in cui l’interrogatorio e’ terminato”.

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