Ciriaco De Mita, chi era l’ex leader della DC VIDEO

Si sono svolti ieri a Nusco i funerali dell’ex leader democristiano Ciriaco De Mita, scomparso all’età di 94 anni.

Tra i presenti alla cerimonia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, arrivato in Irpinia in elicottero da Napoli, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e molti ex democristiani: il sindaco di Benevento Clemente Mastella, l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, l’ex presidente del Senato Nicola Mancino, l’ex parlamentare Gerardo Bianco e Gianfranco Rotondi.

“De Mita – ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla notizia della morte dell’ex leader democristiano – ha vissuto da protagonista una lunga stagione politica. Lo ha fatto con coerenza, passione e intelligenza, camminando nel solco di quel cattolicesimo politico che trovava nel popolarismo sturziano le sue matrici più originali e che vedeva riproposto nel pensiero di Aldo Moro. Il suo impegno politico ha sempre avuto al centro l’idea della democrazia possibile”.

Vita e carriera politica di Ciriaco De Mita

De Mita nacque a Nusco nel 1928. Iniziò la sua carriera politica negli anni Cinquanta nella Democrazia Cristiana, aderendo alla corrente “Sinistra di Base” del partito, fondata a Milano anche grazie al sostegno finanziario di Enrico Mattei. Nel 1956 venne eletto consigliere nazionale della DC al congresso di Trento, nel 1963 venne eletto per la prima volta alla Camera e dal 1969 al 1973 fu vicesegretario del partito.

Dopo aver svolto negli anni Settanta vari incarichi di governo (fu ministro dell’Industria, del Commercio con l’estero e degli Interventi straordinari nel Mezzogiorno), nel 1982 divenne segretario della Democrazia Cristiana. Nel 1985, la rivista Il Mondo lo definì uno dei tre uomini più potenti d’Italia, insieme a Bettino Craxi e Gianni Agnelli. Quest’ultimo, in particolare, criticò De Mita molto velatamente, definendolo “un tipico intellettuale del mezzogiorno, di quella formazione filosofica, di quella tradizione di pensiero tipico della Magna Grecia”. Con quest’affermazione, Agnelli faceva riferimento al modo di esprimersi contorto e complesso di De Mita. Indro Montanelli, commentando la definizione data dal presidente della FIAT, lo criticò in maniera ancora più dura: “Dicono che De Mita sia un intellettuale della Magna Grecia. Io però non capisco cosa c’entri la Grecia”. Il giornalista Giampaolo Pansa raccontò un aneddoto sulla complessità del linguaggio di De Mita: “Nel giugno 1988, quando era da due mesi il presidente del Consiglio, andò a Toronto per un vertice dei capi di governo. Ad un certo punto, gli statisti che lo ascoltavano, per prima la signora Margaret Thatcher, pensarono di aver dei problemi con l’auricolare. Invece era l’interprete di Ciriaco che aveva gettato la spugna, stroncato dalla suprema difficoltà di tradurre in inglese i ragionamenti demitiani”.

Nel 1983, la Democrazia Cristiana subì un grave calo dei consensi (5 punti percentuali persi alla Camera e 6 punti persi al Senato). De Mita tentò di abolire le correnti interne e chiese a Craxi un colloquio segreto in un convento sulla Via Appia. “Devi guidare il governo: non c’è altro compromesso possibile”, disse De Mita a Craxi. Fra i due fu così stretto un patto: Craxi avrebbe guidato il governo nella prima metà della legislatura, De Mita nella seconda. Fra i due, tuttavia, i rapporti non furono mai dei migliori. Antonio Ghirelli, portavoce di Pertini, descrisse così i due leader: “Non potrebbero essere più diversi: cittadino, post-moderno, mondano Craxi; provinciale, tradizionale, familiare De Mita”. De Mita credeva nella necessità di attuare varie riforme, fra cui un maggior controllo del Parlamento, ma, a differenza della cosiddetta “Grande riforma” di Craxi, era fortemente avverso al presidenzialismo. De Mita credeva anche nella necessità di un rinnovamento della DC, attraverso il superamento della divisione in correnti.

Il patto fra i due non fu mantenuto: Craxi si rifiutò di cedere il posto di presidente del Consiglio. La risposta di De Mita non si fece attendere: nel 1987, il leader democristiano contribuì a far cadere il governo Craxi, facendogli mancare la maggioranza, con conseguente scioglimento della Camera ed elezioni anticipate.

In quegli stessi anni, De Mita affidò a Sergio Mattarella l’incarico di individuare tutti i membri della Democrazia Cristiana in Sicilia che avevano rapporti con la mafia e lo nominò commissario straordinario.

Nel 1988, De Mita divenne presidente del Consiglio. Il suo governo iniziò con una tragedia dopo soli tre giorni dall’insediamento (l’uccisione per mano delle Brigate rosse del politologo Roberto Ruffilli, a cui De Mita si era affidato per riforme istituzionali che riteneva necessarie) e fu molto breve: sostenuto dal cosiddetto “pentapartito” (Democrazia Cristiana, Partito Repubblicano, Partito Socialdemocratico, Partito Liberale e Partito Socialista), il suo governo durò solo un anno. Nel maggio del 1989, al congresso del PSI, Craxi dichiarò conclusa l’esperienza del governo De Mita. Il presidente del Consiglio, di fronte a queste dichiarazioni, rassegnò le dimissioni. A contribuire alla cacciata dal governo furono anche Forlani, Andreotti, Gava e Donat Cattin. Nello stesso anno, De Mita fu sostituito alla segreteria del partito da Forlani.

Dopo la fine della Prima Repubblica, De Mita, nel 1996, sostenne la nascita dell’Ulivo, la coalizione di centro-sinistra, e nel 2002 entrò a far parte della Margherita.

Successivamente aderì al Partito Democratico, dal quale però uscì nel 2008, in polemica con lo statuto del partito che prevede un tetto massimo di tre legislature complete. Per questo motivo, De Mita sarebbe stato escluso dalle candidature alle elezioni politiche del 13 e del 14 aprile del 2008.

Nel 2014 decise di candidarsi alle elezioni comunali a Nusco. Vinse, divenendo così sindaco dal 2014 fino alla morte.

Nel 2016, De Mita si scontrò in diretta televisiva con l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi sul referendum costituzionale. “Riforma frettolosa poco motivata, scritta male. Se io fossi giurista avrei grossa difficoltà a leggerla così come è, con periodo lunghissimi. E le norme costituzionali devono essere brevi. Fare un periodo lungo tre colonne ê una cosa che non si è mai vista”, affermò De Mita.

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