di Ro. Ru.

Ce ne erano tante di “banche dell’acqua” a fine Ottocento ma ce ne è una in particolare che è passata alla storia nella città di Napoli a piazzetta Teodoro Monticelli, davanti al Palazzo Penne e al Pendino di Santa Barbara. A custodirla era un’anziana signora che tutti chiamavano Zì Nennella e aveva sempre l’acqua fresca del Serino, seduta davanti a quel banco di marmo che  si ritrova in molte foto d’epoca in bianco e nero.

La  Banca dell’acqua di Donna Nennella era nel cuore del centro storico, o meglio si trova ancora lì dopo tanti anni come simbolo di un modus vivendi del passato dove era d’obbligo fermarsi dall’acquaiola e bere un sorso d’acqua fredda. E Immacolata Esse, in arte Nennella, era sempre pronta a offrirla ai turisti e ai napoletani. Storie, leggende e personaggi caratterizzano questa fetta della città dove i monumenti e i palazzi storici hanno tanto da raccontare per come sono stati costruiti e per chi e cosa hanno rappresentato. A richiamare l’attenzione su Palazzo Penne e la banca dell’acqua è stato un articolo su Repubblica di Giulio Baffi (https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/01/02/news/diamo_nuova_vita_alla_banca_dell_acqua_-332404235/ )

Italia nostra sta portando avanti una battaglia per il recupero proprio della Banca dell’Acqua, questo magnifico monumento davanti a Palazzo Penne. Abbondonato da anni, al centro di inchieste giudiziarie, con lavori iniziati e poi bloccati. Persino la trasformazione di una parte del palazzo in un bed and breakfast.

Un team di architetti e ingegneri starebbe lavorando al progetto per il recupero  e la risistemazione del Palazzo e della Piazza.  Ma anche la Banca dell’acqua di un tempo, oggi coperta da una orribile struttura di ferro, dovrebbe tornare alla luce!

 PALAZZO PENNE COSTRUITO IN UNA NOTTE SOLA 

Venne costruito nel 1406, come ricordato dall’epigrafe posta sul portale, da Antonio di Penne, segretario del re Ladislao di Durazzo, in prossimità del piccolo largo che rappresentava il primo ingresso alla città.

Nel corso dei secoli il palazzo passò a diverse famiglie nobili: prima quella dei Rocco, quindi quella dei Capano (principi di Pollica e baroni di Velia) iscritti al seggio del Nilo, che ne mantennero il possesso per circa 150 anni, fino a quando Marco Antonio Capano lo perdette per debiti di gioco. Nel 1683 divenne sede dell’ordine clericale dei Somaschi. Nel XVIII secolo fu acquistato dal vulcanologo Teodoro Monticelli che vi ubicò la sua collezione.

Alla costruzione del palazzo Penne è legata una leggenda napoletana. Si vuole infatti che il palazzo sia stato costruito in una sola notte da Belzebù in persona, per volere di Antonio Penne (o di tal Giovanni Penne, funzionario francese)[2] che aveva con lui suggellato un patto col sangue.[3] Penne si era infatti innamorato di una bellissima donna, che per sposarlo, gli aveva chiesto di costruirle un palazzo in una notte sola. Per accontentarla, Penne aveva chiamato in suo aiuto il diavolo: gli avrebbe dato la sua anima in cambio del palazzo.

Il patto conteneva però una clausola aggiunta da Penne: il dovuto sarebbe stato pagato a Belzebù se fosse stato capace di enumerare quanti chicchi di grano erano stati sparsi nel cortile del palazzo. Una volta terminata la costruzione, il diavolo contò in pochi minuti il grano, ma il numero che diede a Penne era sbagliato di cinque chicchi e dovette rinunciare all’anima dell’oramai proprietario del palazzo. Belzebù era stato ingannato perché, assieme al grano, era stata sparsa anche della pece nel cortile, che aveva fatto incollare alcuni chicchi sotto le unghie del diavolo, facendolo sbagliare nel conteggio(fonte wikipedia)

LE VARIE DESTINAZIONI E I LAVORI INFINITI 

Nel 2002 la Regione Campania acquistò l’edificio, allora privato in quanto sede di un bed and breakfast. Il palazzo fu quindi ceduto in comodato d’uso nel 2004 all’Università Orientale. Il progetto prevedeva la realizzazione di un polo universitario d’eccellenza con laboratori, aule per seminari e convegni, servizi per studenti. I lavori per il recupero dell’edificio, tuttavia, non furono mai avviati. Nel 2007 gli intellettuali Alda Croce e Marta Herling, rispettivamente figlia e nipote del filosofo Benedetto Croce, ottennero la sospensione dei lavori abusivi all’interno dell’edificio per la realizzazione di alcune unità abitative; tali lavori furono tuttavia poco dopo ripresi. A nulla valsero allora gli appelli del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dell’Unesco per l’avvio dei lavori di recupero. Il 20 maggio 2008 sono state concluse le indagini chieste dell’Unesco che hanno portato all’apertura di sei fascicoli riguardanti anche il governatore Antonio Bassolino e l’allora Rettore dell’Orientale Pasquale Ciriello per danneggiamento su un manufatto di interesse storico e artistico provocato dal mancato intervento restaurativo.[5]

Il 25 novembre 2008 sono stati avviati i lavori di messa in sicurezza dell’edificio, per evitarne un ulteriore degrado. L’accordo tra la Regione e gli ultimi due privati abusivamente occupanti per una residenza alternativa ha permesso di porre l’intero palazzo sotto la supervisione della Regione e dell’Università Orientale, che ora dovranno accordarsi per l’intervento restaurativo e la destinazione d’uso[6]. Il 19 febbraio 2013 sono partiti i lavori di restauro e ristrutturazione dell’intero edificio.[7]

Il 19 aprile 2013 tutti gli imputati nel processo sono stati assolti dall’accusa di danneggiamento di beni di interesse storico dalla VI sezione del Tribunale di Napoli perché il fatto non sussiste.