Camorra: morto il boss Raffaele Cutolo, simbolo di potere e omertà

Dopo una lunga malattia, il boss della camorra Raffaele Cutolo è morto nella serata del 17 febbraio nel reparto sanitario del carcere di Parma. Il fondatore nonché capo della Nuova Camorra Organizzata aveva 79 anni ed era il detenuto al 41bis più anziano.

Era malato da tempo

Nell’ultimo periodo Cutolo era stato più volte trasferito dal carcere al reparto ospedaliero. Nel respingere l’ultima istanza di differimento della pena, fatta dalla difesa del boss per le condizioni di salute, il tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva sottolineato, lo scorso giugno 2020, come le sue condizioni fossero compatibili con la detenzione. Ma soprattutto come, nonostante l’età, Cutolo fosse ancora un simbolo, un modello in negativo a cui ancora tanti si ispirano e che quindi era preferibile continuare a tenere a debito isolamento.

Chi era Cutolo

In una celebre intervista col giornalista Enzo Biagi nel 1986, Cutolo dichiarò che la camorra “è una scelta di vita, un partito, un ideale. La mafia vera, la vera camorra, sta a Roma”. Nato nel novembre del 1941 a Ottaviano, nella provincia di Napoli, commette il suo primo omicidio a 22 anni durante una rissa, freddando Mario Viscito per un apprezzamento di troppo alla sorella Rosetta, che lo affiancherà nella gestione del potere criminale. Fugge e si costituisce dopo due giorni. Condannato all’ergastolo in primo grado e a 22 anni in appello, comincia a scontare nel carcere napoletano di Poggioreale ed è qui che emergono la sua personalità e il suo carisma. Sfida a duello il boss Antonio Spavone con il coltello a scatto ma l’uomo non si presenta e Cutolo diventa idolo e protettore di tutti i detenuti.
Nel 1970 torna libero e si tuffa nel contrabbando di sigarette, un business al tempo molto fiorente, che lo mette in contatto con la mala pugliese e poi con le cosche calabresi della ‘ndrangheta. Arrestato nel 1971, ancora a Poggioreale inventa la Nuova camorra organizzata, basata sui meccanismi piramidali di Cosa nostra e della ’ndrangheta, con affiliazione attraverso rituali dal sapore massonico e culto della personalità del capo. “Sono io ad aver fatto la prima trattativa Stato-Mafia” rivendicò, rifiutandosi, come sempre, di parlare con i magistrati.
Così Raffaele Cutolo si porta nella tomba una infinità di omicidi, qualche inconfessabile segreto che ha sempre detto di conoscere ma mai ha voluto svelare. “Mi tengono sepolto vivo in una cella perché se esco e parlo crolla il Parlamento” dichiaro nel 2015, durante la sua ultima intervista. Ora il “don Raffaé”, come cantava Fabrizio De Andrè, è morto da solo, in cella, portando con sé i segreti della camorra ma anche dello Stato.

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