Caso Regeni, i genitori di Giulio denunciano il governo italiano per la vendita di armi all’Egitto

di Francesco Caputi

 

Claudio e Paola Regeni, i genitori di Giulio, il ricercatore italiano ucciso in Egitto il 3 febbraio del 2016, hanno presentato un esposto contro il governo italiano per la vendita a “Paesi responsabili di violazione dei diritti umani accertati dai competenti organi e il governo egiziano è tra questi”. Lo hanno annunciato entrambi a Propaganda Live su La7.

13 giorni dopo la chiusura dell’inchiesta sul caso Regeni, infatti, il governo italiano ha venduto all’Egitto due fregate Fremm. L’Italia violerebbe quindi la legge 185 del 1990, per cui “l’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati […] verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dall’UE o del Consiglio d’Europa”.

“Assieme alla nostra legale – hanno detto i genitori di Giulio Regeni durante la trasmissione – abbiamo predisposto un esposto-denuncia contro il governo italiano per violazione della legge 185/90, che vieta le esportazioni di armi verso Paesi, i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertati dai competenti organi dell’Ue, dell’Onu e del Consiglio d’Europa e il governo egiziano rientra certamente tra quelli che si sono macchiati di queste violazioni”. “Chiediamo questo – hanno proseguito – come atto forte. E’ importante che l’Italia dia l’esempio. Chiediamo anche che la Procura non venga insultata, chiediamo fermezza. Bisogna reagire, sennò i nostri figli che vanno in giro per il mondo non saranno più sicuri”.

L’ “insulto” del Cairo alla Procura

L’ “insulto” dell’Egitto alla Procura di cui hanno parlato i genitori di Giulio Regeni era riferito a quanto accaduto pochi giorni fa, quando la procura generale del Cairo è tornata a difendere i quattro membri dei servizi segreti egiziani accusati dell’omicidio del ricercatore. “Per il momento non c’è alcuna ragione per intraprendere procedimenti penali circa l’uccisione, il sequestro e la tortura della vittima Giulio Regeni, in quanto il responsabile resta sconosciuto”, ha detto in un comunicato il procuratore generale egiziano Hamada Al Sawi. “Tutto ciò che l’autorità italiana ha evocato” circa “i quattro ufficiali e sott’ufficiali del settore della sicurezza nazionale egiziana è basato su false conclusioni illogiche ed è contrario a tutti i fondamenti giuridici internazionali e ai principi del diritto che necessitano la presenza di prove certe nei confronti dei sospettati”, prosegue Al Sawi. “Le autorità italiane hanno fatto il collegamento fra prove ed atti in maniera scorretta”, circostanza “che ha causato una percezione difettosa degli eventi e una perturbazione della comprensione della natura del lavoro degli ufficiali di polizia, delle loro procedure e della natura dell’inchiesta compiuta sul comportamento della vittima”. La Procura egiziana arriva addirittura a sostenere che Regeni sia stato in realtà ucciso da una banda di cinque rapinatori. “Vista la morte degli accusati – scrive infatti la Procura egiziana, facendo riferimento agli “immaginari” cinque rapinatori – non c’è alcuna ragione di intraprendere procedure penali circa il furto dei beni della vittima, il quale ha lasciato segni di ferite sul suo corpo”.

La Procura egiziana afferma che “sconosciuti potrebbero aver sfruttato” gli spostamenti di Regeni “per commettere il crimine, scegliendo il 25 gennaio (anniversario della rivoluzione del 2011, ndr) perché sapevano che la sicurezza egiziana era occupata a garantire la sicurezza delle istituzioni dello Stato”. Il responsabile “avrebbe dovuto rapirlo e torturarlo affinché il crimine fosse attribuito alla sicurezza egiziana, ha gettato il suo corpo a lato di una struttura importante appartenente alla polizia e in coincidenza con la visita in Egitto di una delegazione economica” italiana, (si riferisce alla missione condotta dall’allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi). “Tutto ciò come se il criminale avesse come scopo quello di informare il mondo intero della sua morte e di attirare l’attenzione”. “Ciò prova alla Procura generale che parti ostili all’Egitto e all’Italia vogliono sfruttare questo incidente per nuocere alle relazioni fra i due Paesi nel momento in cui questi rapporti avevano avuto ultimamente sviluppi positivi. Queste parti sono anche sostenute da media noti per la loro istigazione dei conflitti”. La Procura egiziana quindi “ritiene che ci sia un altro lato che non è stato ancora svelato dalle inchieste, come anche l’autore” dell’omicidio.

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