Pompei, la Casa dei Vettii appare in tutto il suo splendore. Il ministro Sangiuliano: “L’Italia è una superpotenza culturale”. Osanna: “Era uno scandalo che non si potesse visitare”

  Riapre la Casa dei Vetti a Pompei. Un evento di rilievo nel paro archeologico tra i più visitati al mondo. Nell’occasione il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano sottolinea l’importanza del patrimonio culturale anche come motore di sviluppo economico.

 

“Pompei è un sito dove tocchiamo con mano il valore della nostra cultura, che è anche di tipo economico- afferma il ministro Sangiuliano-Ho detto più volte che l’Italia è una superpotenza culturale perché la storia ci ha regalato un unicum. Pompei è un luogo dove percepiamo il valore di questa cultura. Abbiamo il dovere di conservare tutelare e anche migliorare il nostro patrimonio. Al netto della pandemia di flussi turistici sono in aumento. Dobbiamo predisporci a ciò elevando il valore dell’offerta e migliorando l’esperienza per i turisti”.

La riapertura della Casa dei Vettii avviene dopo 20 anni di restauro. La domus era ritenuta non agibile, pericolante negli spazi esterni e interni. Al lavoro archeologi, geologi, ingegneri, architetti, esperti di giardinaggio, che ha non solo ridato splendore alle pitture, ma ha anche rimesso in sesto la struttura, adeguandola alle norme sismiche.
“Per noi questo è un giorno molto importante, perché la Casa dei Vettii è la Cappella Sistina di Pompei” ha detto il direttore generale del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel.

“Questo luogo non poteva restare più chiuso – ha aggiunto il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna -. Era veramente uno scandalo che non si potesse visitare. Tutti i turisti rimanevano delusi perché la casa era chiusa, tanto che nel 2016 abbiamo deciso di riaprire quantomeno l’atrio con un restauro veloce”.

“La riapertura della Casa dei Vettii – ha spiegato Sangiuliano – è il coronamento di un percorso pluriennale di pieno recupero degli Scavi di Pompei. Da oggi il pubblico potrà tornare ad ammirare un ambiente unico nel suo genere, inaccessibile da vent’anni”. Il ministro ha sottolineato la necessità che si crei un sistema in grado di valorizzare tutti i siti archeologici della Campania. 

 

E’la casa  simbolo di Pompei, la casa dei Vettii, che non manca in nessuna guida del sito UNESCO campano e in nessun manuale sull’arte antica, grazie ai suoi straordinari affreschi e alle sculture che adornavano il suo ampio giardino.

Viene restituita al pubblico una domus che per la prima volta, dopo 20 anni di chiusura e una parziale riapertura nel 2016 – relativa all’ambiente di ingresso dell’atrio e a quelli circostanti- si può finalmente ammirare in tutta la sua articolazione e complessità architettonica, grazie ai recenti interventi. Il nuovo progetto di restauro, intrapreso nel 2016 sotto la direzione di Massimo Osanna, si è avvalso della collaborazione di professionalità tra le più varie, tra archeologi, architetti, restauratori, ingegneri, strutturisti e esperti di giardinaggio, profilandosi come uno dei cantieri più complessi nel panorama dei beni archeologici degli ultimi decenni.

Particolarmente difficile si è rivelata la rimozione di strati di cera, apportati sugli affreschi nel passato con l’intenzione di proteggerli e farli risplendere: un metodo di restauro che si è rivelato altamente dannoso e che ha inoltre oscurato molti dettagli delle raffinate pitture, con rappresentazioni di architetture fantastiche e scene mitologiche.

Il giardino del peristilio (giardino colonnato), che disponeva di un articolato sistema di condotte d’acqua e piccole fontane, è stato restaurato con l’inserimento di copie delle statue originali conservate negli spazi espositivi e nei depositi del Parco archeologico. Tra queste spicca una statua di Priapo, dio dell’abbondanza, unica nel suo genere. Inoltre sono state piantumate antiche specie vegetali riprodotte nel vivaio all’interno del Parco, nell’ambito di un progetto più ampio che prevede la valorizzazione di giardini storici e la messa in produzione delle aree verdi della città antica attraverso partenariati con agricoltori e produttori del territorio.

Scavata tra il 1894 e il 1896, la casa dei Vettii apparteneva a Aulus Vettius Conviva e Aulus Vettius Restitutus, probabilmente due liberti, divenuti ricchi con il commercio del vino.

Lo sfarzoso arredo pittorico e scultoreo della casa, dunque, riflette anche la ricchezza del territorio della città, dove si produceva il vino per l’esportazione in tutto il Mediterraneo, e la mobilità sociale, che consentiva a due ex schiavi di salire ai livelli più alti della società locale.

Non mancano tracce della vita degli ultimi, tra le quali spicca un ambiente adiacente alla cucina, nel quartiere servile, decorato con quadretti erotici. L’ambiente, in passato, fu dotato di una porta di ferro per consentirne l’accesso ai soli uomini adulti, barriera rimossa solo pochi giorni prima della riapertura della casa.

Si è ipotizzato che l’ambiente servisse per la prostituzione, ipotesi che sembra trovare riscontro nel rinvenimento, sulla parete sinistra del vestibolo, di un’iscrizione in cui una donna di nome Eutychis, “greca e di belle maniere”, veniva offerta per due assi (Eutychis Graeca a(ssibus) II moribus bellis). Una testimonianza che Pompei offre, oltre alla bellezza dell’arte e dell’architettura antica, della società dell’epoca con le sue stratificazioni e costumi.

“La riapertura della Casa dei Vettii – dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – è il coronamento di un percorso pluriennale di pieno recupero degli Scavi di Pompei. Da oggi il pubblico potrà tornare ad ammirare un ambiente unico nel suo genere, inaccessibile da vent’anni. Ringrazio il personale del parco archeologico per aver reso possibile questo autentico regalo al mondo”.

“È una riapertura epocale che segna il termine di una storia di restauro lunga e travagliata, che negli ultimi anni si è avvalsa del modello vincente del Grande Progetto Europeo, sia nella gestione dei finanziamenti sia delle risorse umane, ma con la differenza che in questo caso il tutto è stato gestito, dalla progettazione agli interventi, con le forze interne del Parco. – dichiara il Direttore Generale dei Musei, Massimo Osanna – Un passaggio fondamentale che suggella l’autonomia e il successo della gestione ordinaria di Pompei, ormai esempio riconosciuto a livello internazionale”.

“La casa dei Vettii è la storia del mondo romano rinchiusa in una casa, la ‘casa museo’ della romanità per così dire: ci troviamo affreschi mitologici e sculture in bronzo e in marmo, di eccezionale qualità artistica, che parlano del rapporto complesso tra modelli greci e rielaborazioni romane, ma anche la vita economica e sociale della città. I proprietari, liberti e dunque ex schiavi, sono espressione di una mobilità sociale che due secoli prima sarebbe stata impensabile. Diventano ricchi con il commercio di prodotti agricoli del territorio intorno a Pompei, ma quanto pare nella loro casa fu esercitata anche la prostituzione, da parte di una schiava greca, che apparteneva ai gruppi più deboli della società.” sottolinea Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco archeologico di Pompei storici

CENNI STORICI

La Casa dei Vettii è una domus di epoca romana, sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell’antica Pompei (VI-15-1): rappresenta uno dei massimi esempi d’arte romana del I secolo[1] ed è così chiamata dal nome dei proprietari, Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva[

Di origini antiche, sicuramente prima del I secolo a.C., come testimoniato dai capitelli a forma di dado e dall’impluvium in tufo[3], la casa venne acquistata all’inizio del I secolo da una ricca famiglia di liberti, dediti al commercio, i Vettii[4], di cui sono stati ritrovati due anelli, che fungevano anche da sigillo e diversi manifesti elettorali[3]: fu in questo periodo, grazie alle ottime possibilità economiche della famiglia, che la struttura venne totalmente restaurata[5] e arricchita di opere d’arte, per lo più in quarto stile. Una seconda ristrutturazione si rese necessaria a seguito del terremoto di Pompei del 62[2]; sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli a causa dell’eruzione del Vesuvio nel 79, venne riportata alla luce nel 1894[3]. Nel dicembre 2016, dopo un restauro durato dodici anni, la casa fu riaperta al pubblico[6].

Superato il portone d’ingresso si accede al vestibolo, nel quale sono posti due affreschi che raffigurano una lotta tra galli e Priapo che poggia il suo membro sul piatto della bilancia, come simbolo di prosperità, a cui fa da contrappeso una borsa di denari[5]. Internamente la casa, di dimensioni non troppo vaste, si incentra intorno a due atri[4]: nel primo atrio, di tipo tuscanico, l’impluvio non era rivestito in marmo e la pavimentazione, così come nel resto dell’abitazione, è di modesta fattura, realizzata per lo più in lavapesta, con l’aggiunta di qualche tessera bianca[7]; si notano due casseforti in ferro, decorate in bronzo, mentre le pareti presentano diversi affreschi rappresentati bambini che compiono atti sacrificali ai Penati[3]. Particolarità dell’atrio è l’assenza di un tablino, evento raro per una struttura di tale taratura sociale[8]. Intorno all’atrio si aprono diverse stanze: in un cubicolo sono presenti raffigurazioni del mito di Ero e Leandro ed Arianna abbandonata da Teseo a Nasso, oltre ad una raffigurazione di pesci, andata perduta, la quale era uno dei pochissimi esempi di recupero di pittura in epoca antica, in quanto durante i lavori di ristrutturazione della casa non fu distrutta, bensì restaurata[3]; in un altro cubicolo, destinato probabilmente al custode, una grande raffigurazione di fauna marina[9]. Nell’oecus invece sono presenti affreschi raffiguranti la lotta tra Pan e Amore guardati da Dioniso ed Arianna ed il mito di Ciparisso, che uccide il cervo preferito di Apollo ed Apollo che si vendica dell’affronto subito: si tratta delle uniche raffigurazioni di Ciparisso del mondo antico[4]. Sull’atrio si affacciano anche due alae, una delle quali fu in seguito destinata ad armadio a muro, mentre quella rimasta attiva presenta decorazione in quarto stile[10].

Affresco della casa: Dedalo presenta a Pasifae la vacca di legno

Un piccolo corridoio, nel quale era posta la scala d’accesso al piano superiore e il cui sottoscala era utilizzato come deposito per la vicina stalla, conduce al secondo atrio intorno al quale si apre il quartiere servile: quest’atrio presenta un impluvium in tufo ed una nicchia, utilizzata come larario, decorata con semicolonne corinzie che reggono un timpano triangolare[4]: nell’edicola sono raffigurati il Genio del proprietario nell’atto di compiere un sacrificio, i Lari ed il serpente agathodemone[5]. La cucina presenta un banco in muratura, cinque caldaie e treppiedi in bronzo[3]: al suo interno furono rinvenuti bacini e vasi in terracottapentole, graticole ed una statua di Priapo, probabilmente posta in giardino, che fungeva da fontana[5]. Dall’atrio si apre anche un piccolo cubicolo che presenta tre affreschi di natura erotica, di pessima fattura[3]. Nel triclinio si trovano interessanti affreschi di stampo mitologico come Arianna e Teseo ed Issione e Zeus[3]; di notevole fattura lo zoccolo, dal quale emergono buoi del mare, cavalli e busti di divinità, mentre sulle pareti si trovano dei medaglioni nei quali è raffigurato il volo delle Stagioni[3]. Nelle vicinanze del peristilio è un gineceo[2], caratterizzato da un piccolo cortile porticato, sul quale si aprono due stanze, probabilmente riservate alla padrona della casa e alle sue figlie: tuttavia la reale funzione di questo luogo rimane alquanto oscura, poiché nelle case romane difficilmente si trovavano ginecei[7].

Il peristilio è contornato da diciotto colonne, che circondano completamente il giardino, nel quale vasche e dodici statue in bronzo utilizzate come fontane, assicuravano giochi d’acqua[4]: sono presenti diversi affreschi che raffigurano nature morte e figure umane, oltre ad un affresco che riproduce Dedalo che mostra a Pasifae la vacca di legno, il mito di Issone e Dioniso che scopre Arianna nel sonno. Sul peristilio si aprono diverse stanze: un oecus presenta un meandro in mosaico bianco e nero ed alle pareti coppie divine e poeti affiancati dalle loro muse; lo zoccolo raffigura sacerdotesse ed Amazzoni[3]: le pareti sono inoltre arricchite con fregi, raffiguranti mestieri e giochi fatti da amorini[1], anche se mancano alcuni quadretti, probabilmente non ancora eseguiti oppure andati persi a seguito dell’eruzione, in quanto poggiavano su telai in legno; in questa stanza probabilmente si giocava anche al tiro a segno[3]. Un altro oecus, più buio, affinché la luce non rovinasse i colori, era utilizzato come pinacoteca e sono rappresentate, su pareti a fondo giallo, scene della storia della città di Tebe come Anfione e Zeto che legano Dirce a un toro, Penteo ucciso dalle BaccantiErcole bambino che strozza i serpenti ed alcune architetture fantastiche su un fondo bianco. La casa era dotata anche di una stalla, raggiungibile sia tramite un corridoio, sia da un ingresso autonomo direttamente sulla strada[11].

(notizie storiche fonte Wikipedia)

 

 

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