Dugin durissimo contro Putin dopo la perdita di Kherson: la velata minaccia di morte contro il presidente russo

La Russia ha perso Kherson, liberata dalle forze ucraine. E a criticare per primo Putin è Aleksandr Dugin, il filosofo eurasiatista. In un post su Telegram (poi rimosso), Dugin ha attaccato in maniera estremamente feroce il presidente russo. “Kherson si è arresa – scrive il filosofo – Una città russa, la capitale di una delle regioni russe, come Belgorod, Kursk, Donetsk o Simferopol, è stata consegnata. Se non vi interessa, non siete russi. I russi ora stringono i denti per il dolore, piangono e soffrono come se il loro cuore fosse stato strappato e i loro figli, fratelli, madri e mogli uccisi davanti a loro. Se non provate dolore ora, non siete niente”.

“La potenza. È responsabile di questo. Che senso ha l’autocrazia, che è quello che abbiamo? Diamo al Sovrano la pienezza assoluta del potere e lui ci salva tutti, il popolo, lo Stato, la gente, i cittadini, in un momento critico. Se per farlo si circonda di schifezze o sputa sulla giustizia sociale, è spiacevole, ma lo fa solo per salvarci. E se non lo fa? Se non lo fa, il suo destino è quello del ‘Re della pioggia’”. Il filosofo fa riferimento ad un saggio dell’antropologo britannico James Frazer intitolato “Il ramo d’oro”, che descrive il culto africano del “re della pioggia”, dotato del potere di far piovere nei periodi di siccità. Se il re, tuttavia, non riesce a portare la pioggia, viene ucciso. Una velata minaccia di morte nei confronti di Putin, o, forse, una mera previsione su quello che potrebbe in futuro accadere al presidente russo.

“L’autocrazia ha un lato negativo – prosegue il filosofo – La totalità del potere nel successo, ma anche la totalità della responsabilità nel fallimento. Cosa volevi? Come uscire dalla situazione? Passare immediatamente da una dittatura sovrana a una dittatura commissariale, cioè introdurre l’ideologia. Il sovrano l’ha quasi fatto. Ma quasi”. Dugin ha poi tenuto a precisare che le sue critiche non sono rivolte a Surovikin, comandante delle forze russe in Ucraina, ma a Putin, anche se non lo scrive in maniera esplicita: “Nessuna lamentela su Surovikin. Non è un politico, è responsabile dell’aspetto tecnico del fronte. Il colpo non è diretto a lui. Voi sapete per chi è il colpo. E non saranno più le pubbliche relazioni a salvare la situazione. In una situazione critica le tecnologie politiche non funzionano affatto. Oggi la storia parla. E dice parole terribili per noi”.

Alla fine, il filosofo parla della necessità di utilizzare armi nucleari: “Non è un tradimento, è un passo verso l’Armageddon”, afferma. “Le condizioni dell’Occidente vincente, questa civiltà di Satana, non saranno mai accettabili per Mosca. Questa è la fine. Ed ecco la cosa più importante. L’ultima risorsa è l’ideologia. Una vera, non la roba fasulla, basta con i giochetti: l’idea russa. È l’unico. È stupido puntare alla distruzione totale dell’umanità solo per paura dell’Idea russa, della nostra ideologia. Non c’è altro modo. Le autorità russe non possono arrendersi a nient’altro. Il limite è esaurito. E i mezzi puramente tecnici per la Vittoria non sono sufficienti”.

“La guerra deve diventare pienamente popolare nella sua interezza. Ma è proprio questo tipo di popolarità – russa! – lo Stato deve diventare. E non come è ora”, conclude Dugin.

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