Chi era Shinzo Abe, l’ex primo ministro giapponese assassinato ieri

di Francesco Caputi

 

E’ stato assassinato ieri l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe, mentre teneva un discorso a sostegno di un candidato del Partito Liberal Democratico, durante un comizio a Nara.

Abe, entrato in politica nel 1993 nel Partito Liberal-Democratico, è stato il primo ministro più longevo della storia giapponese: ha ricoperto infatti la carica dal 2006 al 2007 e dal 2012 al 2020, quando si dimise per motivi di salute.

L’Abenomics

Ad aver caratterizzato la politica di Shinzo Abe sul piano interno è stata soprattutto la sua politica economica, la cosiddetta Abenomics, che consisteva in una serie di riforme volte a rivitalizzare l’economia giapponese, attraverso una politica monetaria espansiva per aumentare l’inflazione ed uscire dalla deflazione cronica, una forte spesa pubblica, deprezzamento dello Yen per incentivare l’export del Giappone e contrastare quello cinese.

L’Abenomics, sebbene nei primi anni del secondo mandato ottenne alcuni risultati immediati, non è riuscita a raggiungere tutti i suoi obiettivi, ed è ormai considerata un’esperienza appartenente al passato. Il primo ministro attuale, Fumio Kishida, così si è espresso sulla politica economica di Abe: “L’Abenomics ha chiaramente dato risultati in termini di prodotto interno lordo, utili societari e impiego, ma ha fallito nel creare un ‘circolo virtuoso’ “.

La politica estera

Sul piano della politica estera, Shinzo Abe, a differenza di moltri altri primi ministri giapponesi, è sempre stato molto attivo negli affari esteri, nel tentativo di aumentare il profilo internazionale del Giappone e spostare il Paese dalle tradizionali “tre grandi relazioni bilaterali” con USA, Cina e Corea del Sud.

Abe tentò anche di riformare la Costituzione giapponese, per allontanarla dal suo pacifismo, senza successo. Nel 2014, però, riuscì a far reinterpretare la Costituzione in modo tale da permettere ai soldati giapponesi di prendere parte ad operazioni militari insieme agli alleati, anche nei casi in cui il Giappone non sia stato attaccato direttamente. La Costituzione giapponese precedentemente veniva invece interpretata in chiave pacifista, e consentiva di usare la forza solo per autodifesa.

L’ex primo ministro giapponese annunciò inoltre un piano quinquennale di espansione militare, con l’obiettivo di rendere il Giappone un Paese “normale”, in grado di difendersi. Abe, inoltre, è stato uno dei primi politici giapponesi ad assumere una posizione critica nei confronti dell’espansionismo cinese e a definirlo una minaccia per la sicurezza nazionale del Giappone. E’ in funzione anti-cinese che Abe considerò sempre importante stringere i rapporti con l’Australia e gli Stati Uniti.

Questo suo approccio così attivo alla politica estera ha sempre preoccupato la Cina e la Corea del Sud. I rapporti con i due Paesi peggiorarono molto quando Abe visitò il tempio di Yakuni nel 2013, dove sono sepolti anche quattordici generali giapponesi del secondo conflitto mondiale, considerati responsabili per i crimini di guerra commessi durante l’occupazione giapponese della Corea e della Cina.

L’ultimo periodo prima delle dimissioni

Il consenso per Shinzo Abe crollò durante la pandemia del Covid-19 addirittura sotto il 30%, a causa della polemica delle cosiddette “Abenomasks”, mascherine lavabili considerate però troppo piccole e distribuite troppo tardivamente, e soprattutto per la sua campagna volta a far ripartire il turismo in Giappone, che comportò però solo un aumento dei contagi.

Il 28 agosto del 2020, Abe diede le dimissioni, a causa di un riacutizzarsi della rettocolite ulcerosa, malattia con cui l’ex primo ministro conviveva da quando aveva 17 anni.

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