Gli adolescenti italiani bevono alcol molto più dei loro coetanei europei

di Francesco Caputi

Secondo un recente report dell’European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (Espad), gli adolescenti italiani bevono molto più alcol rispetto ai loro coetanei europei. Se nel resto d’Europa si registra infatti un calo nel consumo di alcol fra i giovani, in Italia, al contrario, la percentuale di studenti che fa uso di alcol è superiore alla media europea. Discorso simile per il fumo: l’Italia è tra i Paesi con la percentuale più alta di giovani che riportano di aver fumato sigarette (55%).

A confermare l’elevato consumo di alcol fra gli adolescenti italiani anche un un report dell’Istituto superiore di Sanità del 2021: in Italia si inizierebbe a bere già a 12 anni (secondo il direttore dell’Osservatorio alcol dell’Iss Emanuele Scafato “siamo il Paese europeo dove si inizia a bere più precocemente”), nel 2019 sono finiti al pronto soccorso per abuso di alcol 4.723 ragazzi sotto i 18 anni e la pandemia avrebbe aggravato il consumo eccessivo di alcolici fra i giovanissimi.

“Gli adolescenti già qualificabili come alcolizzati e presi in carico dai servizi territoriali sono più di 6.000 e rappresentano il 10 per cento dei 67mila alcoldipendenti che seguiamo”, spiega il professore Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio alcol del’Iss e del centro OMS per la promozione della salute e la ricerca sull’alcol. “Ma il fenomeno – prosegue – è molto, molto più vasto. Parliamo di una platea di 600 – 700 mila ragazzi sotto i diciotto anni che fanno abuso di alcol. Si arriva a un milione se si aggiunge la fascia di età fino a 24 anni”. “L’alcol è un lubrificante sociale e purtroppo in molti casi è una gateway drug, uno stupefacente cosiddetto cancello che apre ad altre sostanze da sballo, leggere e non: canne, pasticche, metadone, droghe varie. Perché fa cadere le inibizioni e amplifica l’effetto delle sostanze”, aggiunge.

Anche secondo una rilevazione del 2018 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia, gli adolescenti italiani bevono troppo alcol e fanno ricorso al binge drinking, l’ “abbuffata alcolica” fino ad ubriacarsi. Secondo il rapporto del 2019 dell’ISS, illustrato in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2019, fra 700.000 adolescenti fra gli 11 e i 17 anni che consumano alcolici, oltre 100.000 fra loro fanno binge drinking.

Le ragazze bevono più dei ragazzi

In particolare, secondo l’Indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani dell’Istat (2021), il consumo di alcol aumenta fra le ragazze adolescenti. “Nel 2020, il 18,2% dei ragazzi e il 18,8% delle ragazze di 11-17 anni hanno consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno. Negli ultimi anni si è registrata per i ragazzi una progressiva riduzione del consumo nell’anno; per le ragazze, invece, si è osservato, soprattutto a partire dal 2018, un progressivo aumento, che ha allineato i livelli di consumo a quelli dei coetanei maschi”, ha detto il presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo. Nel 2019, anche un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale alcol e dall’Istituto superiore di sanità mostravano che il 66,8% degli italiani sopra gli 11 anni consumava alcolici e che l’aumento di abuso di alcol riguarda soprattutto le ragazze. Mentre nella fascia d’età 18-19 l’aumento di alcol riguarderebbe entrambi i sessi, fra i 14 e i 17 anni le ragazze berrebbero più dei ragazzi.

L’abuso di alcolici varia anche col territorio: secondo un’indagine presentata dall’Osservatorio permanente giovani e alcool (Opga) nel 2015, i giovani del Sud abusano di alcol (23,3%) molto più dei loro coetanei del Nord (12,5%). Secondo dati Istat del 2019, il 13,3% degli adolescenti italiani afferma di essersi ubriacato una volta, ma questo dato aumenta nel Sud Italia (18%).

Un consumo di alcol fine a se stesso

L’uso dell’alcol fra gli adolescenti inoltre sarebbe fine a se stesso. Non avrebbe, cioè, alcun “uso sociale”, come spiega il professor Maggiolini, psicoterapeuta e direttore della Scuola di specializzazione in psicoterapia dell’adolescenza del Minotauro di Milano. “Quello che va monitorato – spiega il professor Maggiolini – oltre alla frequenza è se l’uso sia fine a se stesso o meno. Un conto è l’uso sociale e codificato che si fa nella nostra società dell’alcol (e in adolescenza anche delle canne), altro è quando questi diventano fini e non mezzi di socialità, quando si esce ‘solo per bere’. In questo caso l’uso è già da considerare problematico”. “La tendenza generale – prosegue – sembra essere quella di un uso socializzante, disinibente, ma se ogni sera si è alla ricerca di una situazione di sballo c’è qualcosa che non sta funzionando nel processo di crescita, nella regolazione dell’umore e nello sviluppo. E le sostanze intervengono proprio su questa difficoltà”.

Una questione di cui l’Italia dovrebbe occuparsi più seriamente

Secondo il professor Scafato, i messaggi che si lanciano nel tentativo di scoraggiare l’abuso di alcol fra i giovani sono scorretti e “incomprensibili per l’età evolutiva cerebrale dei giovani”. Per esempio, spiega il direttore dell’Osservatorio alcol dell’ISS, il “bevi responsabilmente […] dove ‘bevi’ è un imperativo e un ‘responsabilmente’ privo di qualunque significato valoriale per una fascia di età in cui come abbiamo visto non è stato ancora costruito a livello cerebrale il senso di responsabilità razionale, un messaggio che impropriamente viene anche lasciato entrare nelle scuole, veicolato da programmi del mondo della produzione, valutati inopportuni dall’OMS, a cui viene consentito di avere accesso ai minori contro ogni logica di mandato e di tutela che è propria del settore di salute pubblica che non dovrebbe mai essere influenzata da logiche o interessi commerciali”.

E’ chiaro quindi che il nostro Paese, rispetto al resto d’Europa, abbia un problema di non poco conto riguardante l’abuso di alcol fra i giovanissimi. Sarebbe opportuno che sul tema venisse aperto un dibattito, che venisse maggiormente sensibilizzata l’opinione pubblica, che venisse applicato sul serio il divieto di vendita di alcolici ai minori di 18 anni, definita dal professor Scafato “la norma più disapplicata d’Italia, per la inadeguatezza di controlli e sanzioni e anche di cultura delle autorità competenti, di ordinanze sindacali che non riescono a vigilare e punire con rigore coloro che violano la legge”. E, soprattutto, sarebbe opportuno iniziare ad indagare seriamente sulle cause di questo fenomeno in Italia.

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