Patto per Napoli, la relazione dell’assessore al Bilancio

PATTO PER NAPOLI
(Legge di bilancio 2022 – Commi 567 – 580)
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Relazione dell’Assessore al bilancio Pier Paolo Baretta
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Gentile Presidente, Egregi Consiglieri,
il Consiglio Comunale di oggi è chiamato a valutare l’intesa raggiunta dalla Amministrazione col Governo nazionale e trasformata in norma nella legge di bilancio 2022. Ma, soprattutto, a impostare e condividere il programma di lavoro che da questa intesa deriva.
L’accordo raggiunto è frutto di un serrato confronto che abbiamo sviluppato nelle scorse settimane, col governo, che ringrazio per la sensibilità dimostrata; in particolare la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, i Ministeri degli Interni, del Sud e della coesione sociale, della Funzione pubblica e gli altri dicasteri interessati.
Colgo l’occasione per ringraziare le Istituzioni, a cominciare dal Presidente della Repubblica che ha sempre avuto a cuore la nostra città; il Presidente della Camera; i parlamentari locali che con i loro emendamenti hanno sostenuto il nostro lavoro e tutte le forze politiche, nazionali e locali, che, al di là degli schieramenti, hanno condiviso e sostenuto la causa della città.
Questa intesa rappresenta, per la completezza e strutturalità di intervento normativo, una significativa novità sul piano legislativo, che configura un salto di qualità nel sistema di relazioni tra lo Stato centrale e gli Enti locali in ordine alla gestione del debito pubblico.
Il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Napoli del 2013, che tutt’ora ci impegna fino al 2049, era basato su erogazioni a titolo di prestito, gravide di interessi rilevanti (che, ancora oggi, ammontano a circa 1 miliardo, a fronte di 1,7 di capitale e di 1,4 di anticipazione di liquodità); soggette, peraltro, per anni, ai vincoli derivanti dal patto di stabilità interno, come, ad esempio, il divieto di reimpiegare gli avanzi di bilancio.
Diversamente, l’accordo attuale – o, per meglio dire ora: la norma di legge – prevede un intervento finanziario rilevante, erogato non sotto forma di prestito, mutuo o anticipazione di liquidità; bensì a fondo perduto.
Non si esaurisce, però, in un contributo assistenziale, indipendente dal buon esito in termini di risanamento del bilancio pubblico (come è già avvenuto in molti casi, tra cui, in passato, anche per Napoli). Definisce, invece, un vero e proprio programma di lavoro che coinvolge ed impegna tutti:
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in primis il governo e l’amministrazione e la politica locale; ma, anche, le Istituzioni, le parti sociali, le associazioni e i cittadini. Senza, infatti, il contributo di tutti questa operazione straordinaria non avrà successo.
Il punto centrale da cui siamo partiti nel confronto col governo è stato sostenere con determinazione la tesi che Napoli non sarebbe in grado di ripartire da sola, solo con le proprie forze.
In verità, si era partiti dalla idea di un provvedimento solo per Napoli, perché Napoli è quella più in difficoltà. Ma abbiamo compreso la scelta del governo di inserire nel piano di sostegno anche gli altri comuni capoluogo di città metropolitane che si trovano in grave difficoltà, di cui ben altri due sono del Sud!
La solidarietà, soprattutto nei momenti difficili, è il tratto distintivo del buon governo. Quante volte, anche durante la pandemia, abbiamo detto che nessuno si salva da solo… ebbene quando è il momento di dimostrarlo non ci si deve tirare indietro.
Ma, Napoli è la terza città d’Italia, la prima del sud, tra le prime 10 metropoli europee; andava, va, quindi, messa nelle condizioni di rialzarsi e ripartire e, oggi, c’è una Amministrazione fermamente intenzionata a riuscirci.
Insomma, il futuro positivo di Napoli è una questione non solo dei napoletani, ma nazionale!
Napoli è compressa da una difficile condizione quotidiana, ben rappresentata dalla pesante esposizione finanziaria del comune che ammonta, al 31 dicembre 2021, a 4.981.062.563 euro, composta da un disavanzo di 2.174.757.130 euro e da un debito finanziario di 1.752.391.976 euro. E’ una situazione davvero molto grave, risultato evidente di una gestione politica e amministrativa che ha ignorato del tutto la regola aurea che deve ispirare ogni amministratore: quella del “buon padre di famiglia”. Ma, questa situazione è anche effetto di problemi strutturali, di cui il principale è la crisi della riscossione, sia con riferimento alla platea dei contribuenti, troppo esigua, soprattutto nel settore commerciale; sia per la insostenibile evasione che fa si che, ad esempio, al 2020, abbiamo accumulato, per la Tari, oltre 500 milioni di non riscosso.
Se a questo aggiungiamo una carenza di organico strutturale del comune che impedisce la buona gestione della res pubblica, ne consegue una inadeguatezza, che abbiamo ereditato e sulla quale il Sindaco e i colleghi di giunta delegati stanno operando per risolverla, dei servizi ai cittadini; si pensi al sistema dei rifiuti o alla difficoltà dei trasporti urbani e metropolitani o alla manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio pubblico e alla sua mancata valorizzazione.
Per questo, se noi vogliamo essere coerenti con questa analisi, con i propositi fatti in campagna elettorale, ma, mi pare di poter dire, col sentimento comune della città, e vogliamo realizzare davvero il risanamento finanziario del Comune ed il rilancio socio economico della città, dobbiamo non limitarci al necessario sostegno statale, ma assumere noi delle scelte coraggiose.
In definitiva: per le ragioni appena richiamate, le nostre scelte di risanamento e rilancio sono insostenibili senza una partecipazione dello Stato; ma senza la nostra parte il contributo statale verrà inesorabilmente sprecato.
Questo è il senso del “patto” per Napoli di cui si è molto parlato in questi mesi e che è stato posto al centro del programma di questa Amministrazione.
La sostanza di questo patto, sancito nei commi dal 567 al 580 della legge di bilancio, consiste nella erogazione di un contributo statale, come dicevamo a fondo perduto, di 2 miliardi e 670 milioni, che verrà ripartito tra i comuni capoluogo di città metropolitane che abbiano, al 31 dicembre del 2021, maturato un disavanzo pro capite superiore ai 700 euro (si tratta di 4 città: Napoli, con un disavanzo pro-capite di 2.303 euro; Palermo con 1.483 euro; Reggio Calabria con euro 991; Torino
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con 908 euro).
Il contributo sarà elargito nell’arco di 21 anni (dal 2022 al 2042); così distribuito: 150 milioni nel 2022; 290 mln per ciascun anno ’23 e ’24; 240 nel 2025 e 100 in ciascun anno dal 2026 al 2042. Per accedere al contributo ciascuna delle 4 città deve sottoscrivere, entro il 15 febbraio 2022, un accordo/patto tra il Presidente del Consiglio e il Sindaco, che preveda un piano di impegni applicativi di quanto previsto dalla norma. Il tempo che abbiamo davanti a noi, dunque, è davvero poco, ma la scelta di operare con rapidità nella definizione del piano consente di impostare da subito la gestione delle risorse ottenute e definire per tempo le scelte conseguenti.
Il riparto, tra le 4 città, avverrà in Conferenza Stato città, entro il 31 marzo 2022, in proporzione al rispettivo debito complessivo: il debito finanziario attuale e il disavanzo del 2020; ovviamente detratto, ai fini del riparto, di quanto lo Stato ha, nel frattempo, erogato o impegnato.
Noi stimiamo di collocarci, come Napoli, in una % tra il 45 e il 50 % dell’intero contributo; quindi una cifra che dovrebbe collocarsi tra 1,2/1,3 miliardi.
La cifra stanziata è rilevante, anche se non risolutiva, come non poteva essere, di tutti i nostri problemi. Ma è, indubbiamente, il punto di partenza di un lungo percorso che con questo accordo si avvia.
In questo percorso, è lo Stato a fare la prima mossa, mettendo a disposizione un contributo molto elevato nei primi 4 anni: dal 2022 al 2025, le risorse sono pari a 970 milioni, ossia il 36% del totale complessivo dell’intero periodo di 21 anni; che per Napoli significa una cifra che si aggirerà tra i 400 e i 500 milioni.
Dal 2026, per 17 anni, è previsto un trasferimento annuo di 100 milioni (che significa, per noi, circa 800 milioni) che possiamo considerare quale contributo di “consolidamento” delle azioni avviate dal comune per realizzare l’obiettivo di riequilibrio finanziario e di rilancio degli investimenti.
Va evidenziato che non si tratta di una erogazione definitiva. Infatti, nel corso dei prossimi anni, questo importo complessivo definito con la legge di bilancio, sarà incrementato dalle ulteriori risorse che il Governo destinerà, a vario titolo, agli Enti locali.
Già nei giorni scorsi abbiamo goduto, per il 2021, di 85 milioni aggiuntivi, frutto del riparto calcolato sul solo disavanzo, di 150 mln decisi da un emendamento del governo al decreto fiscale e, sempre nella legge di bilancio, pochi commi prima, il 565, è previsto un intervento a sostegno dei comuni in difficoltà di 300 milioni, che significa per Napoli 129 milioni.
Ricordo, inoltre, che è tutt’ora aperta la questione del ristoro a favore dei Comuni, che lo Stato è tenuto a prevedere nei prossimi anni a fronte della sentenza n. 80/2021 della Corte Costituzionale che costrinse i Comuni ad un ricalcolo forzato dei propri bilanci.
Napoli, quindi, usufruirà degli interventi finanziari futuri destinati agli Enti locali, in aggiunta al 1,3 milioni attualmente previsti dalla legge di bilancio.
Non sarebbe stato così nelle altre soluzioni, di cui molto si è parlato.
Abbiamo scartata da subito la soluzione della dichiarazione di dissesto del comune, per due semplici ragioni: la prima è che le norme che lo regolano sono troppo punitive, bloccano ogni operatività e l’auspicata riforma di questo istituto non è diventata realtà; la seconda perchè provocano una pesante depressione della economia reale: già il comune è un cattivo pagatore, ci manca solo che non paghi affatto!
Sono state, invece, prese in considerazione due interessanti soluzioni: lo “scorporo” dell’intero debito, come è avvenuto per Roma qualche anno fa; o un “accollo” parziale del debito, oggetto di una norma del 2019, che, per la verità, non è mai stata sinora attuata e che si limita a ridisegnare gli interessi del debito, senza intervenire nella riduzione del capitale. Per renderla efficace nel nostro caso, sarebbe stato necessario modificarla con una ulteriore norma che, evidentemente, il Tesoro non ha considerato matura. Anche se, va detto, è una strada di qualche interesse, sia pure in situazioni meno disastrate di quella napoletana.
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Però, se ci addentriamo in una attenta e rigorosa analisi del bilancio del Comune di Napoli, sgombri dalle emergenze politiche e dalle pressioni esterne, possiamo costatare che, quand’anche il nostro bilancio fosse, all’improvviso, sgravato dal debito, esso mantiene, ancora per un certo numero consistente di anni, una fragilità – meglio dire precarietà – nella sua gestione ordinaria.
E ciò, almeno fino a quando non potremo registrare un miglioramento costante della riscossione, sia in ordine – come abbiamo più sopra rilevato – all’allargamento della platea dei contribuenti, sia alla riduzione della eccessiva evasione.
Il pareggio, o meglio, l’equilibrio di bilancio, non dipende, dunque, soltanto dall’abbattimento, necessario, del debito, ma, soprattutto, dalla certezza delle entrate proprie. Per questo, un flusso di risorse statali certe e di ulteriori, prevedibili per i prossimi anni, è più importante, per noi, di essere aiutati “una tantum” e poi lasciati soli al nostro destino…
Consideriamo, anche, che la ipotesi dello scorporo totale era già sostanzialmente tramontata quando sono arrivato io a Napoli e che, al massimo, la strada ipotizzata sarebbe stata l’accollo parziale; ma da realizzare con una norma ad hoc che, come ho già detto, non ha incontrato il favore del Ministero dell’Economia e Finanze.
Quand’anche si fosse riusciti ad ottenerla, avremmo avuto, sì, il vantaggio iniziale di una presa in carico immediata da parte dello Stato di una quota del debito finanziario (non del disavanzo!), che veniva cancellato dal bilancio comunale. Ma, una volta eseguita questa operazione, Napoli sarebbe stata considerata… “risanata” (e non è così) e perciò privata di ulteriori risorse.
Sarebbe stata una illusione ottica, ancorchè affascinante, pensare che tolto il debito avremmo risolto i nostri problemi.
Al tempo stesso era per noi indispensabile, prima della forma, assicurarci la sostanza; ovvero un solido intervento finanziario da parte dello Stato. Proprio in Consiglio comunale, appena arrivato, dissi che, per noi, il problema prioritario era concentrarci sul contenuto, più che dilungarci sul contenitore!
La soluzione che abbiamo adottato “incatena” lo Stato alle sorti della città per un lungo tempo, da qui al 2042 (quasi per l’intero periodo del debito che si sviluppa, infatti, fino al 2049). L’arco di tempo considerato, 21 anni, è un tempo significativo, credo senza precedenti per un intervento a favore dei comuni.
In tale ottica, e forti della garanzia del flusso statale, stiamo per avviare incontri con i titolari dei nostri mutui, per perseguire una riorganizzazione delle rate del capitale e la conseguente riduzione degli interessi.
Ma questo è solo il prologo. Ci attende ora un percorso molto impegnativo, complicato e coraggioso, che, però, ha, con questa norma, i presupposti per avviarsi.
Il primo appuntamento è la stipula dell’accordo, che, come abbiamo visto, avverrà tra meno di un mese; dunque dobbiamo procedere a tappe forzate.
In quel testo verrà definita, da parte del Comune, una strategia di governance, esplicita e verificabile, sull’insieme della nostra azione.
Questa assunzione di responsabilità reciproca colloca questa norma nel campo della maturità di governo della collettività locale e dei rapporti tra l’ente locale e lo Stato centrale.
Se, da un lato, il contribuito erogato dal governo deve servire a ridurre il disavanzo, a realizzare le assunzioni previste per migliorare riscossione e patrimonio, a ridurre il debito finanziario, a finanziare le transazioni commerciali; dall’altro, il Comune si impegna ad una serie di interventi che assicurino risorse proprie ed un ulteriore riduzione della nostra esposizione.
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Possiamo identificare, queste iniziative, in tre percorsi:
➢ Scelte strategiche:
Intendendo l’incremento della qualità e quantità dei servizi pubblici. In tal senso è già in atto una attività della giunta, con, ad esempio, gli interventi, già per Natale (ben prima, dei fatidici 100 giorni) della apertura della galleria e del programma del verde. E ora, il collaudo dei nuovi treni della metropolitana, la riqualificazione della galleria Umberto in un’ottica che unisce decoro e solidarietà, la presa in carico della questione della raccolta e del ciclo dei rifiuti; il pieno utilizzo ed incremento delle risorse del PNRR e degli altri fondi nazionali ed Europei (i primi 100 milioni destinati al recupero dell’albergo dei poveri sono già stati iscritti in bilancio); la valorizzazione del patrimonio (il tavolo di confronto aperto con Invimit, Cassa depositi e prestiti, Demanio civile e militare è già attivo); la riorganizzazione del sistema di riscossione (attraverso il miglioramento della rete informatica e il potenziamento degli organici, la collaborazione con l’Agenzia delle entrate e, non ultima, la eventuale assegnazione ad altre competenti società del settore esterne per la parte coattiva); la razionalizzazione delle partecipate (a partire dalla loro destinazione d’uso e dalla necessità di un coordinamento che produca una sintesi di indirizzo ed operativa.
➢ Provvedimenti organizzativi:
Riordino degli uffici; gestione del personale e altre autonome iniziative. E’ opportuno chiarire che il riordino e la semplificazione organizzativa, necessari, non prevedono, per noi, Comune di Napoli, interventi di riduzione del personale; al contrario, come ha più volte detto il Sindaco Manfredi, abbiamo la necessità di aumentare i dipendenti del Comune. Ancor meno va inteso come una riduzione dei costi del personale. Una indistinta imputazione ai sevizi generali di una serie di voci di spesa, come quelle dei debiti fuori bilancio, che hanno avuto, come noto, un peso finanziario fortissimo ha permesso un equivoco contabile che abbiamo già provveduto a correggere e evidenziare al Mef come causa di quella anomala imputazione.
➢ Misure fiscali:
Valuteremo insieme la eventualità di ricorrere a misure fiscali. In ogni caso dovremo tenere conto della situazione sociale evitando di intervenire sui redditi medio bassi. A questo proposito nella riunione della Commissione bilancio è stato posto il problema di elevare la fascia di reddito esente in caso di incremento della addizionale Irpef che, comunque, non andrà oltre lo 0,1/0,2%. E’ una proposta ragionevole che mi sento di accogliere.
Ma è importante che sia chiara una ulteriore conseguenza positiva che l’accoglimento di questa proposta comporta per i cittadini e che non deve sfuggire alla attenzione nostra e della opinione pubblica: l’aumento della fascia esente, ad esempio da 7500 a 12000 euro, comporta per i percettori di questo reddito una vera e propria riduzione delle tasse, in quanto non solo non saranno interessati ad eventuali aumenti, ma, entrando nella fascia esente, non dovranno più pagare nemmeno l’addizionale attuale.
Valuteremo, anche, con molta attenzione ed assieme agli operatori del settore l’eventuale istituzione di un tassa di imbarco. E’ questo un altro intervento fiscale che viene sempre adottato in situazioni di risanamento dei bilanci e che non incide direttamente sui cittadini residenti; ma vogliamo verificare, prima di adottarlo, quale impatto può avere sul traffico di una aerostazione, quale è quella di Napoli, che conta circa 10 milioni di transiti. Mentre l’adeguamento dei canoni di concessione e locazione è direttamente collegato al riordino del patrimonio.
In ogni caso escludiamo di adottare alcun intervento fiscale per tutto il 2022. Salvo, ovviamente, la lotta alla evasione!
L’insieme di questi interventi (tutti: strategici, organizzativi e fiscali) deve contribuire al risanamento del bilancio per un valore pari ad almeno un quarto del contributo statale assegnato ad ogni singolo comune. E’ opportuno precisare subito che la spalmatura del contributo in
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vent’anni, se ci costringe ad un percorso in salita, soprattutto nella prima parte del piano, ci consente, però, di vedere spalmato anche il nostro “quarto” in un arco pluriennale.
Consideriamo, ad esempio il periodo che va dal 2022 al 2025 che è quello nel quale, come abbiamo osservato, si addensa una quota importante di contributi statali. Se realizziamo il nostro “quarto”, non anno su anno, ma nell’intero arco temporale suddetto (la legge ce lo consente) possiamo raggiungerlo attraverso un mix di interventi composto, ad esmpio, per il 2022 dal solo ricavato di cessioni già in via di realizzazione (come la rete del gas;) e dal miglioramento della riscossione, Per gli altri anni, dai primi effetti contabili della valorizzazione di patrimonio; dai risparmi derivanti dalla riorganizzazione dei servizi e degli uffici e, solo residualmente, dall’intervento fiscale.
Voglio, però, sensibilizzare il consiglio sul fatto che ogni euro in più che riusciamo ad aggiungere al “quarto” previsto dalla legge di bilancio, va ad alleggerire il disavanzo; ma, soprattutto, ad aumentare la disponibilità per le politiche positive di bilancio destinate al miglioramento della qualità della vita dei cittadini e, dunque, alla spesa corrente. Penso al welfare, alla manutenzione della rete stradale (origine di contenziosi infiniti e debilit fuori bilancio esagerati).
Come ho già detto, il risultato vero che dobbiamo conseguire è l’allargamento della base imponibile; ovvero della platea dei contribuenti e il recupero della evasione. E’ necessario, a tal fine, l’impegno di tutti; infatti, per realizzare ciò dovremo non solo migliorare il nostro servizio e valutare anche la possibilità di affidare una parte della riscossione a soggetti specializzati diversi dagli attuali; ma soprattutto favorire un approccio sociale positivo; una condivisione collettiva verso la necessità che si diffonda quella che possiamo definire una “cultura fiscale” adeguata alla prospettiva di rilancio che ci stiamo dando.
Per intanto, nell’immediato, anticiperemo, come richiestoci, la consegna dei ruoli ad Equitalia; di conseguenza, stiamo definendo con l’Agenzia stessa quanto questo nostro efficientamento produce un miglior risultato della riscossione coattiva attualmente loro affidata.
Ho fornito prima il dato di evasione complessivo della Tari dove abbiamo accumulato negli anni oltre 500 milioni di non riscosso. Va detto che negli ultimi anni si registra un miglioramento della riscossione ordinaria che passa dal 41,4 del 2017 al 61,27% del 2020, ma il quasi 40% che non incassiamo corrisponde a circa 80 milioni l’anno che si accumulano nei residui e che formano quei 512 milioni di arretrati, sui quali il recupero è irrisorio: 5,25% del 2020, il 7,85 nel ‘19, 5,99% nel 2018. Ho avviato un esame di questi dati quartiere per quartiere, anche allo scopo di mantenere sempre una visione sociale della fiscalità. Dai primi dati, provvisori, perchè manca l’ultima rata, emerge però una situazione di relativa differenziazione territoriale,
Se, ad esempio, la quota parte riscossa finora a Scampia nel 2021 è solo del 29% a Chiaia è appena del 41%; e così, se a Poggioreale è del 38% a Posillipo non va oltre il 45%.
Se, poi, guardiamo le sanzioni al codice della strada vediamo che su 122 milioni di multe “inflitte” nel 2020 abbiamo riscosso 19 milioni, corrispondenti al 15,99%; il risultato complessivo è che negli anni abbiamo accumulato 646 milioni; di questi abbiamo, nel 2020, abbiamo recuperato 4 milioni, pari al 0,65%.
Potrei continuare, ma mi impegno a predisporre un dossier il più completo possibile perché penso che dovremo ritornare tutti insieme ad analizzare questa delicata situazione.
L’altro grande tema che è stato oggetto del confronto col governo, e su cui voglio soffermarmi, è il patrimonio immobiliare. La sua dimensione è rilevante: oltre 65 mila unità suddivise in degradate, popolari, di pregio, di valore storico. Il patrimonio disponibile è circa la metà (30 Mila immobili) il cui valore, a libro, si aggira sui 4/5 miliardi.
Ma dovremo compiere una stima più approfondita ed aggiornata, che comprenda sia un censimento rigoroso, sia una rivisitazione dello stesso patrimonio indisponibile. Il punto di partenza, per noi, è cambiare l’approccio sinora praticato. Utilizzare il patrimonio per operazioni di aggiustamento
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del bilancio, gonfiando il valore presuntivo delle alienazioni realizzabili, è un errore, sia contabile (come si è visto, infatti, prima o poi, il “buco” affiora), sia politico. Ciò che va fatto è perseguire prioritariamente una linea di valorizzazione del patrimonio, attraverso concessioni e riqualificazioni, da affiancare ad una previsione molto prudenziale delle alienazioni, che vanno comunque praticate, ma con oculatezza.
A tal fine, abbiamo avviato un confronto con Napoli Servizi e chiesto ad Invimit di offrirci la loro competenza. Non esiste che nel portafoglio della SGR di Stato non compaia un fondo dedicato a Napoli, come avviene per le altre importanti città italiane: Roma, Venezia, Milano, Torino…
Come ho già detto abbiamo avviato una interlocuzione col Demanio civile e penso che sia possibile definbire una comune progettazione che parta dai beni confiscati, anche come segnale civico importante. Anche il Demanio militare è una presenza molto importante in città e con Difesa Servizi si stanno precisando gli obiettivi. Non ultimo valutiamo con interesse l’attenzione di Cassa depositi e prestiti al nostro patrimonio, ben ricordando che con CDP abbiamo la più importante esposizione del nostro debito finanziario. Abbiamo in cantiere anche un confronto con A.C.E.R.
Per meglio raggiungere questi obiettivi viene prevista la possibilità di assumere personale specializzato a tempo determinato, per potenziare la riscossione e valorizzare il patrimonio.
Un terzo capitolo riguarda le partecipate. Nell’intesa col governo si prevede di operare una loro riorganizzazione. La qualità dei servizi, a partire dalla mobilità e dall’igiene urbana è il biglietto da visita di una grande metropoli. Non vanno perciò escluse collaborazioni con Enti e società specializzate. La preoccupazione di una privatizzazione è del tutto fuori luogo. Le reti non si privatizzano, semmai si affidano in gestione… e niente impedisce che si possano associare alla gestione società pubbliche nazionali o locali, che stanno dando prova di una gestione di qualità nei loro campi di intervento.
Peraltro, l’avvio di un asse di collaborazione tra le grandi città può consentire a Napoli di assumere un nuovo ruolo nel panorama metropolitano italiano.
Alla definizione di questo piano sono subordinate tutte le scelte di merito ed operative che dobbiamo prendere.
In questo complesso contesto, per favorire la strategia di rientro del debito, ma anche la chiarezza amministrativa, viene previsto che il Comune proceda con un piano di transazioni tombali (saldo e stralcio) nei confronti dei creditori commerciali a cui riconoscere un valore tra il 40 e l’80%, in ragione della anzianità del credito.
Ho letto, a questo proposito, allarmismi che è opportuno chiarire. La procedura è la seguente: nei prossimi giorni il Comune emetterà un avviso che annuncia, nelle forme più consone e diffuse, l’avvio della procedura. I creditori debbono costituirsi tali entro 60 giorni dalla pubblicazione dell’avviso, esibendo, ovviamente, i relativi titoli di credito. La non costituzione da parte del creditore costituisce rinuncia al credito. Successivamente il comune, esaminate le richieste e suddividendole per anzianità del credito, avvia, in quest’ordine, le proposte transattive che dovranno essere formalizzate, tutte, entro il 15 giugno 2022. Il creditore ha un mese di tempo, dalla data della proposta, per accettare o meno. Se accetta verrà liquidato in 20 giorni, se rifiuta ha a disposizione le vie ordinarie che la legge prevede; ovviamente affidandosi ai tempi della giustizia e alle valutazioni specifiche effettuate, caso per caso, da ciascun giudice.
L’accordo che stipuleremo entro il 15 febbraio sarà verificato semestralmente (a partire dal dicembre 2022) dalla Commissione per la stabilità finanziaria, insediata presso il Ministero dell’interno.
La inadempienza del piano sottoscritto comporta la perdita del contributo e la segnalazione alla Corte dei Conti, che, dopo i primi due anni di verifica potrà applicare le norme del dissesto.
Comporta anche la ineleggibilità del Sindaco. La scelta del Sindaco di accettare questa pesante 7

clausola è il segno della serietà con la quale Gaetano Manfredi in prima persona e tutti noi affrontiamo questa sfida decisiva per Napoli.
La firma del patto è il primo atto della nuova storia che vogliamo vivere insieme per il rilancio della citttà di Napoli. Per questo terremo rapporti costanti col Consiglio comunale e la Commissione bilancio, ma, anche con le parti sociali, le Istituzioni ed Associazioni napoletane.
Più in generale, nel prosieguo del nostro percorso, coinvolgeremo anche altri interlocutori esterni; penso ad esempio, a Ifel, Svimez, le Università.
Gentile Presidente, Signori consiglieri,
Napoli vuole un futuro migliore. Lo afferma ogni giorno con la sua vitalità; lo raccontano ogni giorno al mondo le sue storie di vita e di arte. Soprattutto, sono stati i cittadini col loro recente voto a chiederci di rilanciare una amministrazione da troppo tempo bloccata, in una città abbandonata a sé stessa.
Di fronte ai molti problemi che abbiamo si può essere tentati o dallo scoramento o dalla repulsione.
No! Serve, invece, assumerci le nostre responsabilità. Serve una condivisione collettiva e, permettetemi, tanto di quell’entusiasmo e fiducia nel futuro che ho incontrato arrivando qui a Napoli.
Come più volte ha detto il Sindaco Manfredi, la città unita deve cogliere questa occasione. Si usa spesso dire che “il gioco vale la candela”. Questa è una di quelle volte.
Grazie dell’attenzione.
Pier Paolo Baretta
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