CITTA’ FRAGILE – La lezione del Covid 19 e lo spazio vitale

a cura di Massimo Pollice

Teatri, cinema e biblioteche chiuse e limitazioni nel numero degli accessi a tutte le altre attività.

Il confinamento in casa di intere famiglie, rinchiuse in spazi angusti dai quali oggi non possono uscire.

Tutto mostra la necessità di un cambio di rotta sia nella progettazione degli spazi pubblici che nella progettazione degli spazi privati.

Necessitiamo quindi di rivoluzionare i parametri alla base della progettazione.

In genere quando un ingegnere o un architetto progetta uno spazio pubblico, predimensiona le superfici in base alle esigenze ed agli utenti attesi; se ad esempio in una stazione ferroviaria sono attesi 2000 passeggeri al giorno, si dimensioneranno gli spazi comuni assegnando un numero di metri quadri per utente per gli spazi comuni, per i servizi igienici, per i parcheggi e gli spazi commerciali.

Oggi appare  più che mai necessario rivedere i numeri alla base della progettazione e destinare maggiori spazi alla vita comune.

Resta inteso, che tale necessità potrà essere soddisfatta se,  oltre a individuare le necessità, lo Stato stanzierà le risorse necessarie affinché tali parametri possano essere rispettati, sia in termini di costo di costruzione ed adeguamento, sia in termini di costi manutentivi.

Stesso discorso lo si può fare per gli spazi privati; occorrerebbe individuare “lo spazio vitale” per ogni singolo individuo e per ogni famiglia (in base al numero dei componenti) e favorire il rispetto dello stesso.

Si discute molto sulla necessità o meno, ad esempio, di reintrodurre l’Imu sulla prima casa. Tale reintroduzione, oltre ad avere un effetto devastante sul mercato immobiliare e gravare sulle classi più povere della società avrebbe l’effetto di reindirizzare le famiglie meno ricche verso l’acquisto di immobili ancora più piccoli ed angusti.

Occorre quindi individuare lo “spazio vitale minimo” e detassare il possesso di tale spazio.

Se risulta infatti ingiusto socialmente che una unica persona non paghi l’imu sulla prima casa di 300 mq, è socialmente giusto che un singolo individuo sia esentato dal pagamento dell’imu, ad esempio, su una consistenza di 2,33 vani catastali (cucina, camera da letto e bagno) di qualsiasi classe e categoria esse siano (anche di lusso), aumentando tale esenzione di un vano per ogni componente del nucleo familiare. Analogamente su tali consistenze minime si dovrebbero applicare aliquote bassissime per tasse sui servizi indivisibili e rifiuti.

In definitiva le esenzioni non devono essere riconosciute indiscriminatamente ed indipendentemente dalla consistenza, lo Stato dovrebbe esentare il pagamento di tasse ed imposte ad ogni individuo (indipendentemente dal censo) di ciò che serve quale dotazione minima alla sopravvivenza.

 

Massimo Pollice

Ingegnere esperto di Infrastrutture ed Ambiente

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