CITTA’ FRAGILE – Caino ed i muri della città

Rubrica a cura di Massimo Pollice

“Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi”, in questo passo del libro dell’Esodo vi è il presupposto biblico della iconoclastia, che porterà a guerre che travolgeranno il mondo cristiano nel lungo corso dei secoli.
Correva l’anno 726, quando Leone III iniziò a compiere atti contro la venerazione delle sacre immagini, decidendo di distruggere un’icona religiosa raffigurante Cristo dalla porta del palazzo, la Chalkè, sostituendola con una semplice croce, insieme a un’iscrizione sotto di essa: “Poiché Dio non sopporta che di Cristo venga dato un ritratto privo di parola e di vita e fatto di quella materia corruttibile che la Scrittura disprezza, Leone con il figlio, il nuovo Costantino, ha inciso sulle porte del palazzo il segno della croce, gloria dei fedeli”.
Oggi in piena pandemia a Napoli si assiste ad una disgustosa discussione sulla cancellazione dei murales raffiguranti camorristi e/o persone attigue ad ambienti malavitosi.
Sono tutte immagini di Caino che ricordano ed osannano i carnefici, in totale disprezzo per le vittime della criminalità.
Come si devono sentire le vittime di rapine ad opera di ignoti passando ogni giorno di fronte al murales di un baby rapinatore?
Il Prefetto Valentini ha meritoriamente disposto la rimozione di tali indegni abusi inneggianti alla cultura della illegalità e che già per la loro esistenza costituiscono un reato punibile ai sensi dell’art. 639 c.p.: ”Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.”
Non si confondano quindi le forme d’arte come i murales di Jorit o di altri artisti, con le immagini becere di Caino, verso le quali l’iconoclastia è giusta, è fonte di lealtà nei confronti delle vittime e rappresenta rispetto per la legalità.
Orbene in piena pandemia, con tutti i problemi economici che deriveranno dagli eventi che stiamo vivendo, personalmente non mi interessa nulla dei sentimenti e delle istanze dei parenti degli immortalati, spesso anche loro camorristi o contigui alla malavita.
Di fronte alle istanze ed agli appelli alla tolleranza rispondo: “io sto con Abele e non perdono Caino, per il quale provo solo disprezzo”.
Distruggiamo le immagini di Caino, perché la non legalità deve essere estirpata anche nel ricordo. Personalmente per quelli che difendono l’esistenza di tali immagini provo solo pietà e li compatisco per la loro profonda ignoranza.
Cancelliamo i murales ma senza dare voce a chi protesta, perché se si dà troppa attenzione, l’asino crederà di essere un leone.

Massimo Pollice
Ingegnere esperto di Ambiente ed Infrastrutture

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