Intervista a Patrizio Bianchi. Ricostruire per ripartire. Una panoramica della situazione scolastica.

Di Antonio Alifano

Sono giorni di grande concitazione. L’emergenza pandemica torna a farsi sentire su tutto il territorio della Penisola. L’argomento scuola continua ad essere caldo. Patrizio Bianchi, neo ministro dell’istruzione, intervistato dai microfoni Rai, indica una direzione da seguire.

Giorgio Zanchini, conduttore del programma “Radio anche io”, in onda su Radio Rai 1, questa mattina ha ricevuto ai microfoni della trasmissione da lui diretta il nuovo ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi. Nei dieci minuti circa di discussione sono emersi molti elementi importanti intorno alla situazione attuale e futura della scuola. Il neo ministro durante l’intervista si propone come un interlocutore aperto all’ascolto e al dialogo, ringraziando tutte le voci, simulacri del corpo docente italiano, che lo hanno preceduto nell’intervista a tu per tu con Zanchini.

La scuola c’è sempre stata

La conversazione ovviamente si sintonizza immediatamente intorno il tema scuola: “Per anni la scuola è stata considerata un mondo a parte, c’era, quindi non ne parlavamo. Oggi ne stiamo parlando e ci stiamo rendendo conto della sua centralità rispetto alla vita quotidiana delle persone.” Il ministro si riferisce indirettamente alla crisi pandemica senza ingaggiare apertamente l’argomento. Fino a quando non menziona la variante inglese, “Evento imprevedibile che colpisce anche i bambini”. Il suo tono però non è disfattista, anzi, sembra quasi ritenere l’avvenimento come un ultimo scoglio da superare insieme.

Lezioni in presenza insostituibili

Per alcune frazioni di tempo la discussione si proietta verso il futuro della scuola. Alla domanda posta dal giornalista in merito ad un titolo di un noto quotidiano che suggerisce per il post-Covid un’integrazione tra didattica a distanza e in presenza, Bianchi risulta inamovibile “Si tornerà a scuola”, e continua “Capisco voler fare i titoloni sulla Dad ma la scuola è presenza. In questo anno i nostri insegnanti hanno lavorato in situazioni difficilissime, va loro riconosciuto, è un patrimonio che non può essere disperso. Dopo si tornerà in presenza facendo tesoro delle esperienze”.  Insomma, il ministro è consapevole che nell’isolamento, per quanto grave, vi sia stato un arricchimento delle capacità di utilizzo della tecnologia che non deve andare perduto, anzi deve essere sfruttato, ma niente può sostituire le lezioni in presenza.  “Bisogna usare tutti gli strumenti, avendo una visione dell’educazione. Questa idea di fare la lezione soli davanti al pc è stata superata, lo strumento può mettere in collegamento i ragazzi lontani tra loro. Bisogna allargare le nostre capacità”.

Un ponte per il futuro

Il dialogo tra il radio giornalista e il ministro si riarrotola al momento presente e alla necessità immanente di costruire un ponte verso il futuro della scuola e del Paese. Il 2022. “In questo periodo le scuole non sono mai state chiuse: bisogna iniziare ad aggiungere, fare dei percorsi di sostegno dei singoli, non con tutti seduti al banco fino al 30 giugno ma con percorsi individuali.” Bianchi si riferisce in primis ad una “Valutazione dei contenuti” degli alunni e di ciò che hanno perso. Le prove invalsi, attualmente più di 17000 quelle consegnate, possono essere un buon indicatore, ma non sono tutto. Sono gli insegnati che devono saper osservare i propri studenti e nel caso prestare un sostegno anche di natura sociale o psicologica, non solo didattica, con percorsi dedicati. Il neo ministro sottolinea l’importanza di intervenire su questo fronte in tempo, specificando come professori, insegnanti e dirigenti si siano già messi all’opera, pena l’accumulo di un ritardo che inficerebbe il sistema scolastico italiano.

Scuola a zone

Infine il ministro fornisce alcune delucidazioni sul nuovo Dpcm del 6 marzo invitando gli addetti ad una sua lettura attenta: a scuola si potrà andare anche in zona arancione (non in zona rossa) nel pieno rispetto delle misure di sicurezza. Queste regole non sono discrezionali e devono essere rispettate dai governatori di regione. L’unica condizione di chiusura ammissibile (in zona arancione) è da imputare ad una diminuzione o ad una cattiva organizzazione dei trasporti pubblici, luoghi ideali per la proliferazione del virus.

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