Come in pizzeria (o quasi): la pizza a lenta lievitazione – LA RICETTA

In questo triste periodo di emergenza, per noia o necessità, ci siamo tutti riscoperti un po’ cuochi, panettieri, pizzaioli e via discorrendo. Operando con mezzi di fortuna non sempre è facile ottenere un prodotto perfetto però pazienza, perché le cose fatte a mano hanno sempre un sapore diverso, non fosse per altro che ci si è impegnati per prepararle.

Ad ogni modo, ammettiamo con serenità che una bella pizza cotta a legna manca a tutti. Che fare, allora? Se ne può ottenere una lontana parente con la ricetta che vi proponiamo qui, per la quale ci vorranno tempo e pazienza che però saranno ampiamente ricompensante dal risultato.

La storia della pizza

Per tracciare una storia della pizza, che è lunga, complessa e incerta, ci viene in soccorso la pagina dedicata su Wikipedia. Le prime attestazioni scritte della parola “pizza” risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997[1] e in un contratto di locazione con data sul retro 31 gennaio 1201 a Sulmona ed in seguito in quello di altre città italiane come Roma, L’Aquila, Pesaro e via discorrendo. Nel XVI secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza che deriva dalla storpiatura della parola “pitta”.

Prima del XVII secolo la pizza era coperta con salsa bianca. Fu più tardi sostituita con olio d’oliva, formaggio, pomodori o pesce: nel 1843, Alexandre Dumas (padre) descrisse la diversità dei condimenti della pizza. La prima menzione scritta della pizza marinara risale al 1734, mentre quella della pizza Margherita agli anni 1796-1810. Nel giugno 1889, per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito preparò la “Pizza Margherita”, una pizza condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana.

Vi sono notizie che risalgono alla fine del Cinquecento ed inizi del Seicento di una pizza soffice chiamata alla “mastunicola”, ossia preparata con basilico (strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe). In seguito si diffuse la pizza ai “cecinielli”, ossia preparata con minutaglia di pesce[8]. La prima vera unione tra la pasta ed il pomodoro (accolto all’inizio con diffidenza) avvenne a metà del Settecento nel Regno di Napoli[8]. La pizza a Napoli fu popolarissima sia presso i napoletani più poveri che presso i nobili, compresi i sovrani borbonici.

Il successo della pizza conquistò anche i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla Regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffalele Esposito dedicò la “pizza Margherita”, che rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico. Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata prima della dedica alla Regina d’Italia.

Una storia napoletana

Sino al principio del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno prettamente napoletano, e gradualmente italiano(nell’Italia settentrionale iniziò a diffondersi solo nel secondo dopoguerra), poi, sull’onda dell’emigrazione, iniziano a diffondersi all’estero ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, adeguandosi ai gusti dei vari paesi, diventano un fenomeno mondiale. Gli italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di differenti nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un campionato mondiale dove misurarsi.

Regole ben precise

L'”Associazione Verace Pizza Napoletana”, fondata nel 1984, riconosce solo la Marinara e la Margherita verace ed ha stabilito le regole molto specifiche che devono essere seguite per un’autentica pizza napoletana.

Queste includono che la pizza deve essere cucinata in un forno a legno, alla temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi; che la base deve essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o comunque non è consentito l’utilizzo di mezzi meccanici per la sua preparazione e che la pizza non deve superare i 35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al centro. L’associazione seleziona anche le pizzerie nel mondo per produrre e diffondere la filosofia e il metodo della pizza verace napoletana. Ci sono molte pizzerie famose a Napoli dove si possono trovare queste pizze tradizionali, la maggior parte di esse sono nell’antico centro storico della città.

La pizza a lenta lievitazione – La ricetta

Ingredienti

  • -1 kg di farina 300 W
  • -700gr di acqua
  • un cucchiaio di sale
  • -7gr di lievito di birra fresco

Procedimento

Versate tutta la farina nella vasca/ciotola con il lievito sbriciolato e aggiungete i tre quarti dell’acqua subito. Aggiungete tutto il sale (lontano dal lievito quindi, o ne inibisce l’azione), e andate avanti ad aggiungere acqua fino a terminare il quantitativo, sempre e solo quando la precedente si è assorbita.Dovrete trovarvi con una massa omogenea, liscia, senza grumi e uniforme.

Finito di impastare lasciate riposare 30 minuti coprendo la ciotola con della pellicola, poi iniziate a effettuare le cosiddette “pieghe di rinforzo”, necessarie per asciugare l’impasto e conferirgli struttura. Dovrete semplicemente chiuderlo ripiegandolo più volte verso l’interno, quindi verso di voi.

Non usate MAI farina sul piano, è sbagliatissimo, rovina l’equilibrio e vi impedisce di chiuderlo correttamente; inumiditevi invece le mani leggermente. Effettuate 4 giri di 3/4 pieghe a distanza di 15-20 minuti l’una dall’altra, finché l’impasto non si sosterrà su se stesso.

A quel punto oliate un contenitore (possibilmente con i bordi alti, e che contenga almeno 3 volte il volume dell’impasto) e mettete l’impasto, lasciandolo 2-3 ore a temperatura ambiente o nel forno con la luce accesa(almeno 20-22 gradi) perché parta la lievitazione.

Trascorso quel tempo, via in frigorifero a 4-5 °C per 18-24 ore, per la cosiddetta PUNTATA, così denominata perché l’impasto “Punta” contro le pareti del contenitore.

Circa 3 ore prima di cuocere, tirate fuori l’impasto, dividetelo in forme dal peso desiderato ed effettuate un nuovo giro di pieghe; tale procedura va fatta anche con un solo panetto, ricordatelo. Spolverate la superficie di semola rimacinata di grano duro e lasciate lievitare a 20-22 °C per almeno 3 ore, coprendo con pellicola o uno strofinaccio pulito.

Terminata la lievitazione, procedete con la stesura. Servitevi sempre di farina di semola per la superficie e, con le mani inumidite di acqua, procedete ad allargare il vostro panetto partendo dal centro, con delicatezza. Se il panetto si ritira, aspettate qualche minuto e riprovate ancora a stenderlo, sempre piano. Volendo, si può adagiare momentaneamente l’impasto steso su un foglio di cartaforno.

Nel frattempo, fate preriscaldare il forno al massimo della sua temperatura (circa 250 gradi) in modalità grill e poi fate riscaldare per cinque minuti una padella antiaderente ampia sul fuoco vivo. Trasferite quindi l’impasto steso sulla padella e coprite con un coperchio. Dopo circa 5-6 minuti, controllate la cottura del fondo della pizza aiutandovi con una spatola per sollevarla.

Quando sarà ben brunita, spegnete il fuoco e trasferite la vostra pizza su una teglia. Conditela col pomodoro o ciò che più vi piace e infilatela in forno. Dopo circa 3 minuti, aggiungete la mozzarella o la provola se volete e reinfornate per altri 2-3 minuti. La vostra pizza è pronta da gustare!

 

 

 

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