Omicidio di Fortuna, pm chiede ergastolo per Caputo e 10 anni per Fabozzi

La sentenza della quinta sezione della Corte di Assise attesa per il 5 o il 7 luglio

Ergastolo e sei mesi di isolamento: è quanto chiesto dai pm per Raimondo Caputo, detto Titò, accusato dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni lanciata dall’ottavo piano del suo palazzo nel Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014. Chiesti invece 10 anni di reclusione per Marianna Fabozzi, ex compagna di Caputo, residente nello stesso palazzo, accusata di concorso in abusi sessuali sulle sue stesse figlie, che sarebbero stati commessi sempre da Caputo.  La richiesta è stata formulata dai pm della procura Napoli Nord – il procuratore aggiunto Domenico Airoma e il sostituto Claudia Maone – al termine della requisitoria al processo davanti alla quinta sezione della Corte di Assise (presidente Alfonso Barbarano, giudice a latere Annalisa De Tollis) che il 5, o al massimo il 7 luglio prossimo, emetterà il verdetto sul delitto avvenuto al Parco Verde. Airoma ha premesso che dagli elementi raccolti la colpevolezza di Caputo emerge ”al di là di ogni ragionevole dubbio” nonostante le ”prospettiva falsificazionista” delle piste alternative proposte dall’imputato. Caputo ha infatti denunciato una sorta di non meglio precisato complotto ai suoi danni ordito dai vicini del Parco Verde di Caivano, i quali gli avrebbero cucito addosso gli abiti del mostro per il solo fatto che lui proviene da un’altra città, Afragola. Il pubblico ministero ha sostenuto l’assoluta inconsistenza di piste alternative, sulla base di tutte le testimonianze raccolte in aula, contestando l’alibi dell’imputato che ha affermato di trovarsi in strada nel momento in cui Chicca – come era soprannominata Fortuna – precipitò dal terrazzo. ”E’ assodato che Tito’ non stava giù”, ha detto il pm sottolineando che l’unico testimone venuto in aula a confermargli l’alibi ”è un suo sodale” al quale in una intercettazione Raimondo Caputo chiedeva di procurargli una pistola e due caricatori. Airoma ha parlato  del caposaldo dell’accusa, le dichiarazioni – raccolte nell’incidente probatorio – dell’amichetta del cuore di Fortuna. La bambina avrebbe subito una sorta di ”coartazione ambientale” da parte di sua madre, Marianna, e di altri familiari perché tacesse o fornisse una versione falsa sugli ultimi istanti di vita di Fortuna di cui sarebbe stata testimone oculare. Ha cambiato atteggiamento, dicendo la verità a psicologi e inquirenti, solo quando è stata sottratta al suo ambiente familiare e trasferita (insieme con le sorelline) nel contesto sereno di una casa famiglia. La bimba ha raccontato di aver visto Titò condurre sul terrazzo Chicca, che si difese dal tentativo di violenza mettendosi a urlare, provocando così la reazione dell’uomo che l’avrebbe lanciata nel vuoto. L’ipotesi della pubblica accusa è stata condivisa dall’avvocato Gennaro Razzino, legale di parte civile che assiste Mimma Guardato, la mamma di Chicca. Mentre gli avvocati Sergio e Angelo Pisani, legali del papà di Fortuna, Pietro Loffredo, hanno affermato di ritenere Titò estraneo al delitto, avanzando sospetti su un altro inquilino e ipotizzando che ad uccidere Fortuna sia stata Marianna Fabozzi, già indagata per la morte del figlio, Antonio Giglio, caduto l’anno prima dalla finestra di casa, al sesto piano dello stesso edificio del Parco Verde. L’amica del cuore di Chicca avrebbe accusato Titò solo per coprire la madre.

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