MEDICINA – A Milano l’addio a Umberto Veronesi, la lettera del figlio Paolo

Si è tenuta questa mattina nella Sala Alessi di Palazzo Marino, al Comune di Milano, la commemorazione civile di Umberto Veronesi. Sono state centinaia le persone che hanno voluto salutare l’oncologo seguendo la cerimonia direttamente all’interno della sala o attraverso i due maxi-schermi nel cortile del Comune e in piazza della Scala. Alla commemorazione, che si è aperta con un omaggio musicale eseguito al pianoforte da Alberto Veronesi, sono intervenuti il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il figlio Paolo, Emma Bonino, il direttore ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia Pier Giuseppe Pelicci, le nipoti Elena e Gaia e la regista Andrée Ruth Shammah.

IL SINDACO DI MILANO – “Milano, noi tutti, dobbiamo moltissimo a Umberto Veronesi e questa cerimonia ne è un piccolo segno. Gli dobbiamo molto per tutto quello che ha fatto ma anche per essere stato sempre, fino all’ultimo, protagonista della nostra vita con le sue proposte, le sue riflessioni, le sue idee, anche dure e provocatorie”.

IL FIGLIO PAOLO VERONESI – Una lettera a papà Umberto. Questo il ricordo di Umberto Veronesi nel corso della cerimonia laica che ha salutato stamani l’oncologo, letto dal figlio Paolo, che oggi presiede la Fondazione che porta il nome del padre e dirige la Senologia dell’Istituto Europeo di Oncologia.

“Per te – ha detto Paolo rivolto al padre – è stato anche facile (“se n’è andato con serenità”, come ha poi confermato al microfono di una giornalista televisiva), ma molto più difficile per tutti noi. E non parlo solo per noi fratelli, ma per tutta la nostra generazione di medici”. Nella lettera ha poi ricordato alcuni momenti di vita vissuta col padre: “Le domeniche da bambino, a fine pranzo con un enorme vassoio di pasticcini…” o “Quando ci portavi in moto, negli anni Settanta, senza casco, a grande velocita’…”. O ancora “nei primi anni Novanta, quando mi portavi in fondo a via Ripamonti, davanti a un prato enorme e mi dicevi ‘Qui sorgera’ l’Istituto Europeo di Oncologia’. E io non capivo: a che cosa serve un altro Istituto se c’e’ gia’ l’Istituto dei Tumori che e’ stato fatto grande proprio da te? Ma tu vedevi sempre piu’ avanti di tutti…”. “Mi sembrava impossibile arrivare a questo giorno, ma come sempre dicevi tu: su questa terra ‘siamo di passaggio. Dobbiamo far posto agli altri’, alle nuove generazioni… Pochi giorni fa, guardando la mamma le hai detto ‘quanto sei bella Susy…Non posso dirti buon viaggio, perche’ so che non ci hai mai creduto. Ma resterai sempre nei nostri cuori”.

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