Napoli: “iorestoacasa” ma come si fa se si è in otto in appena due stanze?

Si è già detto altrove e si ripete spesso ma è una storia sempre vera ed applicabile a più di una situazione. E’ facile lanciare hashtag e dire in lungo e in largo #iorestoacasa se si hanno appartamenti confortevoli, magari dotati di ampie terrazzi o giardini, tutt’altro discorso è per chi vive in case piccole, buie e con tante altre persone, tra cui magari anche bambini.

La storia di Angela: una casa di due stanze che ospita una famiglia di otto persone

L’edizione della Campania dell’ANSA riporta in proposito la stria di Angela, donna residente ai Quartieri Spagnoli in un piccolo appartamento dove vive con suo marito, sua madre e i suoi cinque figli. “E’ periodo difficile, in casa tutti insieme è bello stare un giorno, due, ma per mesi è proprio una cosa da esaurimento” racconta la donna.
In otto “in due stanze, cucina e bagno”, spiega Angela, che però non si fascia la testa. “Io comunque mi considero fortunata – dice – perché c’è gente che non ha una casa o vive in condizioni pessime, meglio stare stretti ma avere un tetto. Poi di solito tutti escono al mattino, vanno al lavoro o a scuola, ora, certo, è un po’ più difficile”.

Già, perché il marito di Angela “fa il barista ma il bar è chiuso, come pure il mio primo figlio, che ha 21 anni, sta imparando a fare il pizzaiolo e lavora in una pizzeria anch’essa chiusa ora. Poi c’è mia figlia di 18 anni, la piccola di 9 anni oltre ai due gemelli 15enni, fanno tutti scuola online sui cellulari. Solo la piccola va a farla a casa di una compagna di classe che abita qui vicino”.
E così la vita degli otto membri della famiglia si svolge tutta in casa, tutti insieme: “Abbiamo paura, io temo per la salute dei miei figli anche se so che questa malattia non è molto pericolosa per i giovani. Però esco solo per fare la spesa, prendere le cose necessarie e torno, spero che tutto questo passi al più presto, sono molto angosciata soprattutto quando sento di tutte quelle persone che muoiono per il virus”.

Il tempo passa in una condivisione complicata ma che a Napoli diventa anche “degustazione”: “Ora mia mamma – racconta – sta dormendo, perché al mattino si sveglia molto presto. Invece i ragazzi senza scuola vogliono dormire di più, ma alla fine ci organizziamo, siamo una famiglia unita e passare tempo insieme è anche divertente. Mio figlio prepara le pizze, mia figlia fa i dolci. E’ bello, solo che a me alla fine tocca pulire tutto”. La prende con un sorriso Angela che però ‘aspetta’ l’estate. Un modo per sdrammatizzare e chiedere: “Ditemi voi una cosa, ma al mare si potrà andare? Non chiedo per me – dice ridendo – ma se aprono la spiaggia ci mando mio marito con tutti i figli, così mi godo un po’ di pace”.

Una situazione comune

Storie come quelle di Angela sono molto comuni nei dedali dei vicoli di Napoli e riguarda italiani ma anche tante famiglie straniere, spesso senza documenti regolari e che magari non possono accedere neppure alle agevolazioni di Comune e Regione. Basti pensare ai tanti stranieri che vivono nei famosi bassi o terranei che dir si voglia, dove spesso anche più nuclei familiari convivono stipati in poche camere.

Non è più felice anche la situazione di coppie o anche famiglie con un solo figlio che vivono in monolocali, dove in uno spazio già esiguo devono anche ricavare un cantuccio per lavorare, perché magari sono in smartworking. “Il mio compagno ed io siamo in smartworking” racconta per esempio Paola, social media manager di 33 anni “e abbiamo un bambino di due da intrattenere, perché chiaramente l’asilo è chiuso e non si può contare sull’aiuto dei nonni. Abitiamo in una casa molto piccola, poco più di un monolocale e a volte fare tutto diventa difficile, mi sento sconfortata”. Anche Giorgio abita in un monolocale soppalcato; lui è un libero professionista ed è in smartworking, la compagna invece no e così lui sta a casa e si dedica anche alla loro figlioletta di quattro anni “E’ strano trovarmi a casa con la bambina, però mi fa anche piacere perché finalmente posso dire di vederla crescere. Certo, potrei prendere una babysitter per avere un po’ di aiuto ma comunque il mio lavoro è calato, non posso però chiedere bonus perché non rientro nei paramentri e quindi è meglio risparmiare su questo aspetto”.

Il magazzino vuoto dedicato ai meno abbienti di Napoli

Ed a proposito di redditi, se non si sa ancora niente del famoso reddito di emergenza e in molti non hanno potuto chiedere i bonus o semplicemente, non li hanno ancora ricevuti, a Napoli si era pensato a un centro di raccolta di viveri destinati ai meno abbienti che però, al momento, è desolatamente vuoto.

Come testimoniano le immagini raccolte da Fanpage.it in uno degli ampi padiglioni della struttura di Fuorigrotta, solo una piccolissima parte è occupata dagli aiuti. Il Comune di Napoli, per scelta dell’Assessore al welfare Monica Buonanno, ha disposto che la distribuzione degli aiuti venisse fatta solo attraverso la Napoli Servizi, società di proprietà del Comune di Napoli dalle cui fila provengono diversi consiglieri comunali. Il terzo settore invece è stato completamente lasciato fuori dalla distribuzione degli aiuti. Associazioni, cooperative, consorzi, fino anche i volontari non hanno avuto accesso al sito di stoccaggio del Comune di Napoli. Un sito, che dopo una prima fase in cui è stato riempito di aiuti, ora giace praticamente vuoto.

Il flop del bonus spesa

Dei fondi arrivati dal governo per sostenere le famiglie indigenti attraverso il bonus spesa, sono avanzati circa 4 milioni di euro. Troppo strette le maglie stabilite dall’amministrazione comunale per prevedere un accesso adeguato rispetto alle domande. Tra gli esclusi anche chi usufruisce del reddito di cittadinanza ad esempio, una condizione ritenuta dal Comune di Napoli ostativa per usufruire degli aiuti.

Insomma, chi ha bisogno può contare solo sulle realtà sociali di Napoli che si sono attivate per sostenere i più bisognosi, grazie alla solidarietà di associazioni e liberi cittadini. Ma quanto ancora si potrà andare avanti, soprattutto al netto del fatto che non si conosce una data certa per la ripresa delle attività?

 

Lascia un commento