Operazione san Gennaro a teatro con uno straordinario  Massimo Ghini nei panni di Nino Manfredi

di CM

Accostarsi a Napoli e ai napoletani per un “non napoletano” genera sempre un po’ di ansia. E’ pur vero che il film “Operazione San Gennaro” non è assolutamente un’opera napoletana, ma una bellissima e fortunatissima commedia ambientata a Napoli nata dal genio creativo di Dino Risi e Nino Manfredi.

Ripercorrendo la storia del film abbiamo cercato di restituire teatralmente quelle immagini e quelle atmosfere, restando in quell’epoca, quella dei meravigliosi anni 60, aiutati dalle musiche eterne di Armando Trovajoli che accompagnano ogni parte dello spettacolo.

Quello che ci è piaciuto è la dimensione dell’improbabilità: tre improbabili gangster americani incontrano un improbabile gruppo di banditi napoletani per un improbabile colpo!
Quello che mi colpì quando vidi il film da ragazzo fu il lusso di potersi introdurre in un ambiente come Napoli con una sfacciataggine ed un’irriverenza estrema, mostrando anche archetipi “banali” della tradizione napoletana, ma riuscendo alla fine a mettere in scena un mondo che, al di là delle generalizzazioni, è secolarmente fondato su rapporti umani molto forti nel bene e nel male.

La dimensione del cast, così variegata, apriva la porta alla possibilità di accedere al grande teatro della vita napoletana, anche a personaggi arrivati da luoghi diversi del mondo. Nella mia regia ho tentato di fare le stesse scelte stilistiche del film.

Il pubblico dovrà essere “traghettato”in luoghi immaginari, i costumi e le scenografie sono pensati come un grande gioco teatrale, è una grande finzione scenica, senza alcuna verità reale raccontata come una fiaba. La presenza determinante della musica di Trovajoli fa si che vengano rispettate le due anime sia quella napoletana che quella americana che sono la base della narrazione di questa storia Il grande Maestro, nella colonna sonora del film, ha costruito una struttura geniale di narrazione musicale anticipando una tradizione musicale che dieci anni dopo diventerà il punto di forza della scuola musicale napoletana contemporanea. Confesso che uno dei motivi sentimentali che mi ha spinto ad accettare la proposta di mettere in scena questo spettacolo, è la visione di quella Napoli fatta di diavoli e santi dal volto umano che condividono il “miracolo” di vivere, visione forse obsoleta ma che, forse ingenuamente, continuo a sognare.

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