Migranti, Israele annulla accordo Onu sui ricollocamenti

Dopo la sospensione dell’intesa con l’Unhcr, il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato “la decisione di annullare” l’accordo stesso che riguarda il ricollocamento dei migranti africani presenti in Israele. “Ho ascoltato con attenzione i molti commenti, ho riesaminato i vantaggi e le mancanze e – ha spiegato dopo essersi incontrato con il ministro degli interni Arie Deri – di annullare l’accordo”. La mossa del premier è arrivata dopo aver visitato oggi i quartieri sud di Tel Aviv dove è più forte la presenza dei migranti. ”Malgrado le limitazioni giuridiche e le crescenti difficoltà internazionali continueremo ad agire con determinazione per ricorrere a tutte le possibilità che abbiamo a disposizione per far uscire gli infiltrati dal Paese”: questo l’impegno assunto dal premier Netanyahu durante l’incontro odierno con abitanti di rioni di Tel Aviv dove e’ forte la presenza di migranti africani. Dopo la sua decisione di annullare l’accordo con l’Unhrc, Israele – ha aggiunto – ”continuerà a cercare altre soluzioni”. All’origine della decisione di Netanyahu (di sospendere e poi annullare l’accordo, ndr), scrive la stampa odierna, vi sono le proteste degli abitanti dei rioni poveri di Tel Aviv – che vorrebbero una espulsione massiccia ed immediata dei migranti – nonche’ forti critiche all’intesa mosse da esponenti del Likud, il partito di Netanyahu, e dal partito nazionalista Focolare ebraico. Ieri peraltro Paesi indicati da Netanyahu come esempio di una possibile destinazione dei migranti – fra questi Italia e Germania – hanno smentito di aver dato alcun assenso all’intesa fra Israele e l’Alto commissariato dell’Onu.

Intesa Israele-Onu sui migranti, scoppia caso Italia – Un “esempio” del premier Benyamin Netanyahu ha scatenato un caso diplomatico con l’Italia citata come uno dei paesi di destinazione di una quota dei migranti africani, ora nello stato ebraico, su cui Israele ha raggiunto oggi uno “storico” accordo con l’Alto Commissariato dell’Onu (Unhcr). Un’indicazione subito smentita dalla Farnesina che ha negato l’esistenza di un simile accordo, con il premier israeliano costretto a fare marcia indietro: ‘L’Italia era solo un esempio’ di possibile destinazione. In una conferenza stampa con i giornalisti sull’intesa che riguarda complessivamente 16.250 migranti eritrei e sudanesi (di cui 6.000 nel primo anno) destinati a raggiungere paesi occidentali, Netanyahu aveva detto che Israele era arrivata ad un accordo con l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati e che si trattava di “farli uscire”, destinandoli “verso i Paesi più progrediti come il Canada o la Germania o l’Italia”. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno che ha immediatamente scatenato, nel giorno di Pasquetta, un vorticoso giro di telefonate tra Roma e Israele. E viceversa. Mentre già si rincorrevano le prime dure reazioni della politica, con le prese di posizione di Maurizio Gasparri (FI) e di Roberto Calderoli (Lega), è arrivata la precisazione-smentita della Farnesina: “Non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere”. E stesso siparietto di smentite si è giocato, secondo i media israeliani, con la Germania: fonti dell’ambasciata tedesca in Israele hanno negato che sia stato chiesto di accogliere sul proprio suolo migranti. Reazioni che hanno spinto l’ufficio di Netanyahu a chiarire e precisare: quello sull’ Italia – ha detto una fonte all’ANSA – “era solo un esempio di un paese occidentale. Il primo ministro non intendeva in modo specifico l’Italia”. Fatta l’intesa di massima con l’Unhcr per ricollocare in ‘paesi terzi’ i migranti sudanesi e eritrei, scongiurando il contestato rinvio in Africa, mancano dunque gli accordi con i futuri stati che li accoglieranno. Come ha spiegato la portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa, Carlotta Sami. “Solamente previo accordo con il governo italiano – ha detto – potrebbero arrivare in Italia alcuni rifugiati provenienti da Israele solo a titolo di ricongiungimento familiare con parenti che già vivono qui, si tratta in sostanza di pochissimi e specifici casi”. Saranno le prossime settimane a chiarire dunque quale sia il destino del primo scaglione di circa 6000 persone sul totale di 16.250 che partiranno da Israele in 5 anni. L’altra metà su 37-38mila migranti africani, secondo l’intesa, resteranno in Israele come residenti permanenti. Come ha spiegato il ministro degli interni Arie Deri in conferenza stampa, otterranno visti di lavoro e saranno destinati verso località dove potranno rendersi utili. Sul piano del governo Netanyahu riguardo i migranti illegali africani c’e’ stato un lungo braccio di ferro politico. Il progetto prevedeva l’espulsione, incoraggiata con una cifra di 3500 dollari a testa, in un paese terzo africano indicato da molti media come il Rwuanda. Per chi non avesse accettato c’era la detenzione fino, successivamente, all’allontanamento coatto. Un piano contro cui si sono scagliati i partiti del centro sinistra e le ong dei diritti umani con manifestazioni nel paese. Ma soprattutto la Corte Suprema israeliana che di fatto ha bloccato il piano del governo dandogli tempo fino al prossimo 9 aprile per giustificare le sue intenzioni. In mancanza, è presumibile che sarebbe scattata la bocciatura definitiva. Oggi la notizia dell’intesa con l’Onu bocciata dalla destra di governo: il ministro Naftali Bennett ha detto che questa favorirà l’immigrazione illegale in Israele. (ANSA)

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