Duro colpo al clan Moccia, maxi sequestro da 10 milioni di euro. De Jesu: “L’obiettivo è togliere ossigeno alle associazioni camorristiche”

Non è stato affatto un buon giorno per Luigi Moccia 60 anni, napoletano, elemento di spicco dell’omonimo clan operante nell’area a nord di Napoli.

Si trovava insieme alla moglie e ai suoi due figli nella sua mega villa da 40 vani ad Afragola quando gli agenti della Questura di Napoli gli hanno notificato un decreto di sequestro beni, ai sensi della normativa antimafia, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Napoli per un valore di 10 milioni di euro.

Ora Luigi Moccia è indagato dal Tribunale di Roma nell’ambito di un’indagine su infiltrazioni camorristiche in attività imprenditoriali nel Lazio e a Napoli. I suoi beni erano intestati, in maniera fittizia, a dei prestanome proprio con l’obiettivo di eludere i provvedimenti di sequestro.

Ricchezze accumulate sin dai primi anni ’80 quando il clan ha assunto il controllo dell’area, gestendo direttamente il racket, in particolare si occupavano di estorsioni alle imprese aggiudicatarie di appalti pubblici.

Libero dal 23 dicembre del 2011, Luigi Moccia viene ritenuto un soggetto “di allarmante pericolosità sociale, sia per l’efferatezza e solidità del clan, sia per il ruolo apicale rivestito nel clan anche quando era in carcere”.

Nel mirino della questura sono entrati, però, anche la madre del boss, Anna Mazza, vedova del fondatore Gennaro, ucciso durante l’agguato nell’aprile del 1974, poi anche gli altri figli della coppia e il genero di Gennaro Moccia e Anna Mazza, Filippo Iazzetta.

Appartamenti, garage, terreni da quasi 50 mila mq, magazzini: tutte proprietà di valore ad Afragola, Acerra e Napoli, nella zona della stazione centrale. Tra i beni sequestrati anche l’hotel San Pietro. Il clan aveva ramificazioni anche nel Lazio, in particolare a Roma dove sono scattati i sigilli anche a una ditta che opera nel settore dei servizi di sostegno alle imprese e poi ancora automobili di lusso, moto, e rapporti bancari.

Non solo immobili, però. Al clan sono state sequestrate le quote e l’intero patrimonio della società “Geni srl” di Roma, che si occupa del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari.

 

 

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