Indagine per corruzione e peculato a Procida, arrestati capo dei vigili urbani e vigilessa

di Marisa Albini

Divieto di dimora per l’amministratore di una società. Tra le ipotesi contestate, a vario titolo, agli indagati anche peculato, abuso d’ufficio, calunnia, falsità materiale in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale, falsità ideologica in atto pubblico commessa dal pubblico ufficiale, violenza privata

Una sfilza i reati ipotizzati: peculato, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio, calunnia, falsità materiale in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale, falsità ideologica in atto pubblico commessa dal pubblico ufficiale, violenza privata. Blitz dei carabinieri a Procida e Avellino. I militari del comando provinciale partenopeo hanno eseguito una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Napoli nei confronti di 3 indagati. Ai domiciliari sono finiti il colonnello Giuseppe Antonio Trotta, comandante della polizia municipale, e Maria Grazia Costagliola di Polidoro, impiegata presso l’ufficio dei vigili urbani, definita “alter ego” dell’ufficiale dagli inquirenti del pool reati contro la pubblica amministrazione della la Procura di Napoli. Destinatario del divieto di dimora Ciro Coppola, amministratore unico della società Paco Beach. Trotta è accusato di aver trasformato la polizia municipale in un “feudo”, creando una spaccatura tra un gruppo di fedelissimi, denominato la squadra, ed uno di dissenzienti, emarginati all’interno del Comando e oggetto di dossieraggio.
A Trotta e Costagliola vengono contestati episodi di falso in atto pubblico, calunnia, peculato e corruzione. A Coppola corruzione e falso in atto pubblico.

 

L’INDAGINE – Una gestione del comando di Polizia Municipale di Procida “personalistica” con “condotte illecite” tali da tramutarlo in “una sorta di feudo” e la contrapposizione di due opposti schieramenti: quelli “fedelissimi” che erano chiamati “la squadra” e quelli che tentavano di resistere, noti come “dissenzienti”. A chi non si allineava, un trattamento che includeva falsi dossier la cui minaccia di divulgazione era utilizzata per ridurlo al silenzio. Questo il quadro tracciato dall’inchiesta della Procura di Napoli a carico del comandante Trotta e della Costagliola, ritenuta di fatto il braccio destro del colonnello. Ai due indagati si contestano anche pratiche falsificate e abusi edilizi dichiarati come demoliti e invece mai toccati. Le indagini dei carabinieri di Napoli si sono anche avvalse di intercettazioni ambientali e telefoniche e mostrano un corpo di polizia municipale diviso in due. Ai fedelissimi del comandante sarebbero andati, anche senza motivo, benefit quali le autorizzazioni allo straordinario o le indennità di missione. Secondo gli investigatori, lo scenario celava una galassia di interessi per mazzette, dai 50mila euro per affidare lavori pubblici a una ditta “amica” non in possesso nemmeno dei requisiti e persino cancellata dal registro delle imprese, fino ai 3mila euro direttamente nelle tasche di Trotta per diritti di segreteria per la gestione dell’area marina protetta del parco di Nettuno. Coppola è accusato di aver ricevuto autorizzazioni indebite e omissioni di controlli nei lavori edilizi per la sua attività, grazie ad assunzioni gradite al comandante della polizia municipale e alla sua dipendente. Per la Procura Trotta, in cambio di denaro, nell’ambito delle procedure denominate Resa (connesse alla demolizione di manufatti abusivi), che facevano capo a lui, poteva con i suoi complici certificare l’impossibilità di eseguire le disposizioni dell’autorità giudiziaria oppure dichiararle compiute solo sulla carta, e persino scaricare la responsabilità della non esecuzione sull’inerzia amministrativa del sindaco dell’isola. I pm coordinati dall’aggiunto Alfonso D’Avino accusano l’ufficiale di aver fatto firmare a diversi agenti false dichiarazioni, minacciandoli di licenziamento, per evitare che la gestione del comando di polizia municipale diventasse di pubblico dominio. Ad esempio il vigile V.I., che avrebbe potuto rivelare che il colonnello aveva intascato il denaro del parco marino, era accusato di aver rubato timbri e verbali. In questo modo il comandante avrebbe ottenuto che calasse un velo su questa vicenda. Sempre Trotta, nel tentativo di ricattare il segretario generale del Comune, lo avrebbe fatto fotografare dai suoi agenti mentre si imbarcava sui traghetti in orari che lui riteneva di ufficio, ignorando che per quell’incarico non c’è questo tipo di vincolo.

Lascia un commento